giovedì 20 aprile 2017

L'illusione della democrazia


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L’illusione della democrazia
Da diversi decenni viviamo, più che in un regime democratico, in un sistema partitocratico, nel quale i partiti stabiliscono le regole stesse della democrazia. La partitocrazia e i giochi di potere favoriscono la corruzione, e dalla corruzione nasce un nuovo modo di intendere la politica. Essa non è più espressione di una vocazione sociale e morale basata sullo spirito di servizio, ma diviene un punto di arrivo, il gradino più alto di una scalata sociale, l'apice di una carriera.

di Giovanni Arena - 8 ottobre 2014

Winston Churchill definì la democrazia come la peggior forma di governo esistente, aggiungendo però che non ne aveva mai conosciuta una migliore. Effettivamente la democrazia è la forma che maggiormente garantisce ai cittadini, quantomeno formalmente, giustizia sociale, assistenza sanitaria, diritti civili e politici, possibilità di manifestare in diverse forme in proprio pensiero. Che poi il governo della maggioranza presenti caratteristiche qualitative congruenti alla qualità civile e morale della maggioranza stessa, è indubbio. Ma altre forme di gestione della res publica, che sulla carta apparivano più rigide, efficaci e attrezzate, hanno scaturito conseguenze che tutti conosciamo.

Resta dunque da capire come far funzionare al meglio un meccanismo di governo strutturalmente imperfetto. La democrazia non prevede semplicemente la partecipazione alla gestione della cosa pubblica mediante la scelta dei propri rappresentanti. Il governo del popolo prevede la collaborazione e l’impegno dei cittadini al fine di salvaguardare la Polis in tutti i suoi ambiti, in tutti i campi nei quali il cittadino è impiegato, ora nello svolgimento del suo ruolo sociale all’interno della società, ora nel tempo libero. A mantenere salda la comunità statale, a tener vivi i suoi valori, a far rispettare le sue leggi, a conservare integri i suoi costumi, a salvaguardare l’ambiente, a promuovere la solidarietà tra i suoi membri, non è certo la classe dirigente. Né tanto meno l’apparato amministrativo. Una democrazia funziona quando il popolo, la comunità statale, i cittadini, possiedono appunto una forte coscienza sociale, una morale civile matura, un legame ed un senso di appartenenza non solo a ciò che giuridicamente gli appartiene, a ma tutto ciò che in qualche modo li riguarda.

L’Italia si trova ad essere, oggi, ben lontana da questo modello di democrazia. Prima di parlare di una coscienza sociale nel nostro Paese, ammesso che esista, si potrebbe affrontare una questione che nelle righe precedenti abbiamo data per scontata. Ovvero il momento politico in cui la comunità statale sceglie i proprio rappresentanti, mediante il sistema delle elezioni politiche. Da diversi decenni viviamo, più che in un regime democratico, in un sistema partitocratico, nel quale i partiti stabiliscono le regole stesse della democrazia. La partitocrazia e i giochi di potere favoriscono la corruzione, e dalla corruzione nasce un nuovo modo di intendere la politica. Essa non è più espressione di una vocazione sociale e morale basata sullo spirito di servizio, ma diviene un punto di arrivo, il gradino più alto di una scalata sociale, l’apice di una carriera.

L’antidoto a questa prima malattia della democrazia italiana sarebbe facilmente ricavabile dalla seconda idea di “governo del popolo” sopra descritta. Una comunità di cittadini caratterizzata da quella che abbiamo definito una coscienza sociale, uno spirito di solidarietà e di sacrifico, una piena consapevolezza delle esigenze della collettività e un forte senso di appartenenza tale da provvedere in ogni momento alla saluta della Polis, difficilmente sopporterebbe la tirannia dei partiti. In Italia questa utopia democratica appare come un traguardo lontano. La classe politica ha istituzionalizzato la corruzione ed il popolo, tutto sommato, si è abituato con mansuetudine a questo stato di cose. Il nostro Paese non presenta una comunità di cittadini uniti da un legame solidale, ma un massa di individui divisi tra di loro, anzi in competizione.

Vale dunque, nel nostro caso, e con una piccola aggiunta, la prima parte dell’aforisma di Churchill: la democrazia italiana è la peggior forma di governo esistente

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