martedì 25 aprile 2017

Primo non nuocere

Ho meno paura del fallimento: sono arrivato ad accettarlo e a sentirmene meno minacciato, e confido nel fatto di aver imparato qualcosa dagli errori commessi in passato (…); più invecchio, meno mi sento capace di negare che sono fatto della stessa carne e dello stesso sangue dei miei pazienti, e che sono vulnerabile come loro

http://it.aleteia.org/2016/05/31/primo-non-nuocere/

domenica 23 aprile 2017

I dolori del giovane Werther

http://m.oilproject.org/lezione/i-dolori-del-giovane-werther-johann-wolfgang-goethe-riassunto-romanticismo-11826.html

Johann Wolfgang Goethe (1749-1832) pubblica nel 1774, a soli ventiquattro anni, I dolori del giovane Werther, un romanzo epistolare incentrato sui tormenti e le sofferenze amorose di un giovane borghese - il ventenne Werther - per la bella Charlotte, già promessa sposa ad un altro uomo. Dopo varie vicissitudini, tutte narrate per alcuni mesi per mezzo di lettera all’amico Wilhelm, il protagonista, incapace di affrontare le costrizioni piccolo-borghesi che costellano la sua vita e di sopportare un amore che non può avere altro sbocco se non l’infelicità, si suicida.

Il romanzo, che ha una seconda edizione nel 1787, riscuote subito un grande successo in tutta Europa e diventa ben presto un caso letterario e culturale, tanto da inaugurare la moda del “wertherismo”, ovvero l’atteggiamento tormentato e inquieto dell’artista romantico, mosso dalle passioni del cuore anziché dai ragionamenti dell’intelletto. L’opera è strettamente collegata con il movimento tedesco dello Sturm und Drang (in tedesco, “Tempesta e impeto”) e diventa un punto di riferimento per tutto il movimento romantico, fissandone alcuni concetti-chiave di poetica come il sentimentalismo, l’individualismo dell’eroe che combatte titanicamente contro le convenzioni della società, il rilievo alle passioni (l’amore, in particolar modo). Tra gli influssi letterari più significativi, si possono ricordare le Ultime lettere di Jacopo Ortis di Ugo Foscolo (1778-1827).

Il romanzo è diviso in due libri; l’arco temporale delle vicende va dai primi giorni del maggio 1771 al dicembre 1772.

Riassunto

Werther, un giovane intellettuale dalle ardenti passioni, decide di trasferirsi in un villaggio di campagna, Wahlheim, per ristabilire un equilibrio interiore che sente perduto; qui sembra in effetti compiersi un’idiliaca fusione tra uomo e natura, poiché Werther si diletta in piaceri semplici, si intrattiene a chiacchierare con i bambini del posto e, nella contemplazione della Natura idillica, sembra modificare anche la sua concezione dell’opera d’arte 1

Una sera, in occasione di una festa danzante, Werther conosce la giovane Charlotte, detta Lotte, e se ne innamora immediatamente. Lotte, orfana di madre, è una giovane solida, allegra e pacifica, che gode delle semplicità della vita e bada col padre ai fratelli e alle sorelle minori; purtroppo la ragazza è giù promessa sposa di un giovane borghese, Albert, al momento assente. Nei mesi successivi al primo incontro, Lotte asseconda l’amicizia di Werther, lo accoglie a casa sua e vi si affeziona: mentre Werther descrive minuziosamente a Wilhelm tutti i dettagli del dolce tormento di stare accanto a Charlotte, quest’ultima lascia trasparire qualche indizio di nutrire anch’essa un sentimento per il giovane. Tuttavia, il loro rapporto si mantiene - sia per convenzioni sociali che per la legge morale di Werther - all’insegna di una casta e straziante amicizia: più Werther frequenta Lotte, più è sconvolto dall’amore (e più sprofonda nell’abbatimento per non averla per sé).

Nel mese di luglio, Werther conosce Albert, il futuro marito di Charlotte: il protagonista, pur consapevole del destino infelice che l’attende, non può che apprezzare le qualità del rivale. Albert è del resto il suo esatto opposto (e complementare): tanto Werther è “artista” e sognatore, quanto Albert è invece un uomo razionale e posato, destinato cioè ad un’esistenza mediocre ma felice 2. Se a poco a poco la frequentazione quotidiana di Lotte ed Albert diventa un tormento insopportabile per Werther, a fine estate sembra esserci l’occasione per uscire da questa situazione bloccata: il giovane, spinto da Wilhelm, accetta un incarico diplomatico che dovrebbe portarlo lontano da Wahlheim.

Il secondo libro si apre descrivendo la vita di Werther nel mondo altolocato dell’ambasciata dove lavora; qui il protagonista scopre l’ipocrisia e la falsità delle classi più elevate della società, al punto da provare dispiacere pure per il proprio lavoro, cui pure egli si applica in maniera diligente. Werther, dopo alcuni contrasti con l’ambasciatore rassegna le dimissioni e, per un breve periodo, torna a casa. Qui, il fiume dei ricordi accresce la sua malinconia, che giunge al culmine con la notizia che Albert e Lotte si sono sposati. Sconfortato e sempre più cupo, Werther torna a Wahlheim. Qui la disillusione e il disinganno del protagonista raggiungono il culmine: Alberto è assente, ma il legame con Lotte rimane platonico, tanto che la donna, pur accorgendosi dello stato di prostrazione di Werther e pur volendogli bene, gli chiede di non essere così insistente con le sue visite. Il protagonista, di fronte alla felicità di Alberto e dell’amata Lotte, inizia così a meditare sul suicidio.

Giungono all’apice lo struggimento romantico e l’angoscia di Werther, che trova conforto letterario solo nei Canti di Ossian di James Macpherson, che sembrano parlare direttamente al suo animo malinconico e disperato. Il protagonista, consapevole del conflitto insanabile tra pulsione individuale e realtà in cui sta volontariamente sprofondando, un giorno recita i versi dell’Ossian a Lotte e, notando la sua commozione, la bacia d’impulso. Charlotte, pur turbata dal legame con Werther, lo respinge, desiderando sopra ogni cosa rimanere fedele ad Alberto. Il protagonista, ormai senza speranza, con una scusa chiede in prestito ad Alberto le sue pistole; dopo aver scritto a Carlotta e a suo padre ed aver contemplato il cielo notturno, Werther si spara. Viene trovato ancora in vita da un servo alle sei di mattina, ma spira a mezzogiorno. Dopo il funerale - senza preti, e a cui partecipano solo pochissime persone, tra cui non ci sono Lotte ed Alberto - Werther è sepolto come desiderato all’ombra di due tigli.

sabato 22 aprile 2017

PNEI Psico Neuro Endocrino Immunologia



La PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI) nasce circa trent' anni fa come convergenza di discipline scientifiche diverse quali le scienze comportamentali, le neuroscienze, l'endocrinologia e l'immunologia. 
Nel 1981 venne pubblicata la prima edizione di Psychoneuroimmunology a cura di Robert Ader, PhD in Psicologia alla Cornell University, dal 1968 professore di Psichiatria e Psicologia alla University of Rochester School of Medicine and Dentistry. 
La base della disciplina consiste nello studio delle interazioni reciproche tra attività mentale, comportamento, sistema nervoso, sistema endocrino e reattività immunitaria. In particolare, l'obiettivo primario della PNEI è lo studio riunificato di sistemi psico-fisiologici che sono stati analizzati da almeno 200 anni in maniera separata e autonoma.


Lo sviluppo della PNEI è complesso e articolato, ma anche estremamente affascinante, soprattutto se saprà tenere in giusto conto i diversi gradi di conoscenza a cui le varie discipline sono arrivate. Se ciò non avverrà il rischio è inevitabilmente una polarizzazione su uno sviluppo biologistico (il corpo-cervello, la materia, spiega tutti i fenomeni mentali) o psichistico (l'io, la mente, spiega tutta la realtà nella sua totalità).

Il primo paradigma, quello biologista, si riassume nella posizione di Thomas Henry Huxley (1825-1895), famoso biologo inglese, amico di Charles Darwin (1809-1882). Per Huxley la mente e il cervello stanno tra loro come il fischio del treno e la locomotiva; la mente non è altro che epifenomeno di processi organici che hanno sede nel cervello. Tale posizione è stata capillarmente divulgata e sostenuta dalle correnti filosofiche positiviste. Questo ha fatto sì che tale impostazione sia stata anche storicamente alla base di discipline con forte considerazione dei fattori mentali, prime fra tutte la psicanalisi. Alfred Ernest Jones (1879-1958), neurologo e psicanalista britannico, affermava "io non credo che la mente esista davvero come entità, un'affermazione forse sorprendente in bocca ad uno psicologo. Quando parliamo dell'influenza della mente sul corpo o di quella del corpo sulla mente, non facciamo che abbreviare e semplificare per comodità una frase più complessa".



Mente o cervello? una bella ragazza vista da dietro un'anziana signora vista di profilo?



http://www.pnei-it.com/1/informazioni_di_base_2131561.html


Olismologia

http://www.olismologia.it/olismologia.asp


L’Olismologia® introduce un modello clinico efficace per esaminare in modo unitario e simultaneo la globalità psico-fisica di ogni Paziente; per trovare le cause dei disturbi dove esse sono, e non dove sembra che siano; per attivare la Vis Medicatrix Naturæ del corpo, e identificare - nel contempo - i farmaci/rimedi di risonanza appropriati per ripristinare in ciascun individuo il miglior equilibrio fisiologico possibile.
È una RI-scoperta scientifica che mira a collegare in modo trasversale la Medicina Ufficiale con la Medicina Complementare, entrambe smembrate in troppe specialità professionali e competenze tecniche, pertanto svuotate del gusto e della gioia di curare l’Uomo, anziché la malattia.
Inserendo nel panorama delle conoscenze alcune illuminanti “verità degli altri”, integra e amplia alcuni schemi culturali vigenti; supera così i confini di una formazione parcellare ben lontana dalla visione unificante della Psico-Neuro-Endocrino-Immuno-Somato-logia.

Fornisce una chiave di lettura diversa per comprendere i segnali del nostro corpo e una marcia in più per ottenere - in tempi brevi - risultati di immediata evidenza anche in molti casi clinici che sfuggono alla pratica tradizionale o che da essa non traggono beneficio.
L'Olismologia® afferma il primariato delle potenzialità dell’organismo umano e dimostra - in tutta evidenza - com’è possibile attivare e pilotare le vaste capacità di autoguarigione che esso possiede in modo naturale e fisiologico, usando semplici mezzi biocompatibili e a misura d’uomo: le mani e il senso innato dell’Estimo.

venerdì 21 aprile 2017

L'algoritmo di facebook

L’Algoritmo di Facebook 2017 [INFOGRAFICA AGGIORNATA]

In base a cosa le persone vedono ciò che pubblico su Facebook?

Perché alcuni fan della mia Pagina vedono alcuni dei post che vengono pubblicati e altri mai?

Chi decide cosa mostrare a chi all’interno della piattaforma?

Sono domande che ci sentiamo fare spesso e i continui aggiornamenti all’algoritmo che regola la Portata Organica dei post (il numero di utenti singoli raggiunti da ciò che hai pubblicato) non aiutano di certo ad avere una visione chiara;

infatti, l’EdgeRank che all’inizio decretava cosa mostrare o meno nella sezione Notizie degli iscritti secondo criteri tutto sommato semplici (Affinity Score, Weight, Time Decay), è stato grandemente superato a favore di un sistema che, oggi, tiene conto di più di 100.000 fattori per mostrare agli utenti contenuti rilevanti (a proposito, in molti continuano a parlare di EdgeRank in riferimento all’Algoritmo di Facebook, ma hai fatto caso da quanti ANNI nei comunicati ufficiali non viene più menzionato? Semplicemente, è morto e non ha più questo nome da un pezzo!).

Oggi per te abbiamo riassunto tutti gli update principali e ufficiali all’Algoritmo di Facebook in modo da aver ben chiaro cosa conta davvero nel decretare la Reach (ormai misera) dei nostri post.

Buona lettura e condivisione!

Segue su
http://www.gliscomarketing.com/algoritmo-facebook-2017-infografica/

Lo studente di medicina e la donna delle pulizie

C'è uno studente iscritto da qualche mese alla facoltà di medicina intento nella compilazione di un difficile questionario. Essendo un ottimo studente risponde prontamente a tutte le domande fino a quando giunge all'ultima, che diceva all'incirca così: "Qual è il nome di battesimo della donna delle pulizie della scuola?" Lo studente, leggermente sorpreso, pensò che si trattasse di uno scherzo. Aveva visto quella donna molte volte: era alta, capelli scuri, avrà avuto i suoi cinquant'anni, ma lui non conosceva assolutamente il suo nome di battesimo. Consegna il suo test lasciando questa risposta in bianco e, poco prima che finisse la lezione, un altro studente domanda al professore se l'ultima domanda del test avrebbe contato ai fini del voto. "E' chiaro!, risponde il professore. "Nella vostra carriera voi incontrerete molte persone. Hanno tutte il loro grado d'importanza. Esse meritano la vostra attenzione, anche con un sorriso o un semplice ciao". Lo studente non dimenticò mai questa lezione ed imparò che il nome di battesimo della loro donna delle pulizie era Marianna.

giovedì 20 aprile 2017

L'illusione della democrazia


http://www.lintellettualedissidente.it/italia-2/lillusione-della-democrazia/

L’illusione della democrazia
Da diversi decenni viviamo, più che in un regime democratico, in un sistema partitocratico, nel quale i partiti stabiliscono le regole stesse della democrazia. La partitocrazia e i giochi di potere favoriscono la corruzione, e dalla corruzione nasce un nuovo modo di intendere la politica. Essa non è più espressione di una vocazione sociale e morale basata sullo spirito di servizio, ma diviene un punto di arrivo, il gradino più alto di una scalata sociale, l'apice di una carriera.

di Giovanni Arena - 8 ottobre 2014

Winston Churchill definì la democrazia come la peggior forma di governo esistente, aggiungendo però che non ne aveva mai conosciuta una migliore. Effettivamente la democrazia è la forma che maggiormente garantisce ai cittadini, quantomeno formalmente, giustizia sociale, assistenza sanitaria, diritti civili e politici, possibilità di manifestare in diverse forme in proprio pensiero. Che poi il governo della maggioranza presenti caratteristiche qualitative congruenti alla qualità civile e morale della maggioranza stessa, è indubbio. Ma altre forme di gestione della res publica, che sulla carta apparivano più rigide, efficaci e attrezzate, hanno scaturito conseguenze che tutti conosciamo.

Resta dunque da capire come far funzionare al meglio un meccanismo di governo strutturalmente imperfetto. La democrazia non prevede semplicemente la partecipazione alla gestione della cosa pubblica mediante la scelta dei propri rappresentanti. Il governo del popolo prevede la collaborazione e l’impegno dei cittadini al fine di salvaguardare la Polis in tutti i suoi ambiti, in tutti i campi nei quali il cittadino è impiegato, ora nello svolgimento del suo ruolo sociale all’interno della società, ora nel tempo libero. A mantenere salda la comunità statale, a tener vivi i suoi valori, a far rispettare le sue leggi, a conservare integri i suoi costumi, a salvaguardare l’ambiente, a promuovere la solidarietà tra i suoi membri, non è certo la classe dirigente. Né tanto meno l’apparato amministrativo. Una democrazia funziona quando il popolo, la comunità statale, i cittadini, possiedono appunto una forte coscienza sociale, una morale civile matura, un legame ed un senso di appartenenza non solo a ciò che giuridicamente gli appartiene, a ma tutto ciò che in qualche modo li riguarda.

L’Italia si trova ad essere, oggi, ben lontana da questo modello di democrazia. Prima di parlare di una coscienza sociale nel nostro Paese, ammesso che esista, si potrebbe affrontare una questione che nelle righe precedenti abbiamo data per scontata. Ovvero il momento politico in cui la comunità statale sceglie i proprio rappresentanti, mediante il sistema delle elezioni politiche. Da diversi decenni viviamo, più che in un regime democratico, in un sistema partitocratico, nel quale i partiti stabiliscono le regole stesse della democrazia. La partitocrazia e i giochi di potere favoriscono la corruzione, e dalla corruzione nasce un nuovo modo di intendere la politica. Essa non è più espressione di una vocazione sociale e morale basata sullo spirito di servizio, ma diviene un punto di arrivo, il gradino più alto di una scalata sociale, l’apice di una carriera.

L’antidoto a questa prima malattia della democrazia italiana sarebbe facilmente ricavabile dalla seconda idea di “governo del popolo” sopra descritta. Una comunità di cittadini caratterizzata da quella che abbiamo definito una coscienza sociale, uno spirito di solidarietà e di sacrifico, una piena consapevolezza delle esigenze della collettività e un forte senso di appartenenza tale da provvedere in ogni momento alla saluta della Polis, difficilmente sopporterebbe la tirannia dei partiti. In Italia questa utopia democratica appare come un traguardo lontano. La classe politica ha istituzionalizzato la corruzione ed il popolo, tutto sommato, si è abituato con mansuetudine a questo stato di cose. Il nostro Paese non presenta una comunità di cittadini uniti da un legame solidale, ma un massa di individui divisi tra di loro, anzi in competizione.

Vale dunque, nel nostro caso, e con una piccola aggiunta, la prima parte dell’aforisma di Churchill: la democrazia italiana è la peggior forma di governo esistente

giovedì 13 aprile 2017

IL KARMA YOGA: AL DI LÀ DEI RISULTATI

Qualche breve accenno sul karma yoga, affascinante sentiero dello yoga dove non servono doti intellettuali o mistiche ma solo la volontà di cambiare la propria prospettiva nelle azioni


Di Sara Mascigrande 

Un’aspirazione di ogni yogi è quella di portare la pratica fuori dal tappetino: coltivare cioè uno spirito yogico costantemente, anche quando si è al lavoro, sul tram o semplicemente si interagisce con le persone. Così ogni azione diviene yoga e ogni gesto meditazione.


Questa è la via che porta sul sentiero del karma yoga, uno dei percorsi tradizionali per raggiungere la realizzazione. Può essere denominato nella nostra lingua “yoga dell’azione” e consiste nella scrupolosa esecuzione dei propri doveri in modo disinteressato, ovvero senza alcun attaccamento al risultato da essi prodotto. In poche parole così recita la Bhagavad Gītā (famosissimo testo della tradizione induista): “Si deve dunque agire per dovere, senza attaccamento ai frutti dell'azione, perché agendo senza attaccamento si raggiunge il Supremo”. In questo modo l’azione eseguita non produrrà effetti karmici e porterà l’individuo al conseguimento del moksa, la liberazione dal ciclo delle rinascite. 

L'origine del karma yoga

Come già accennato, il Karma yoga è uno degli insegnamenti della Bhagavad Gītā che vi si dedica soprattutto nel capitolo terzo. Qui Arjuna, il celebre principe di uno dei più grandi poemi epici dell'India, il Mahabharata, si interroga: se la conoscenza è superiore all’atto, perché impegnarsi e agire? L’eroe infatti è sul campo di battaglia titubante nell’intraprendere una cruenta lotta; preso dal dubbio si chiede se per la sua realizzazione spirituale non debba abbandonare le armi e astenersi dal combattere. Espone così le sue esitazioni a Krisna (manifestazione - Avatāra - del dio Viṣṇu) in una chiarificazione che non tarda ad arrivare.

La divinità gli spiega infatti che vi sono uomini che cercano la realizzazione del sé attraverso la speculazione filosofica mentre altri attraverso l’azione, ma le due strade non sono incompatibili. Anche perché, inevitabilmente, tutti gli uomini sono portati ad agire e ciò non va represso: “L’azione è migliore dell’inazione”, quel che fa la differenza è compierla secondo i nobili principi del karma yoga.

 

Agire in modo distaccato, disinteressato e con consapevolezza

L’azione dunque per essere pregevole e portare alla liberazione deve essere caratterizzata da alcune sfumature importanti che Krisha spiega minuziosamente al suo discepolo. Riportiamo qui solo qualche semplice nozione che possa dare un’idea al lettore del senso del discorso.

L’azione deve essere distaccata e disinteressata: colui che agisce lo fa come adempimento al proprio dovere senza aspettarsi ricompense o elogi. Il karma yogi è equidistante rispetto a tutti gli esiti possibili derivanti dall’atto ottenendo così la liberazione dall’alternanza desiderio/avversione che altro non è se non uno specchietto per le allodole, eco di un mondo transitorio e illusorio. L’uomo deve fare quello che gli è prescritto, a seconda del suo stato e in quel momento della sua vita, indipendentemente dal biasimo o dall’approvazione che ne conseguiranno. Anzi, dovrebbe trascenderli entrambi per liberarsi dalle catene che essi gli hanno imposto.


L’azione deve essere compiuta in consapevolezza divenendo completa meditazione, un’attenzione costante all’oggetto, all’agente e all’atto che divengono un tutt’uno. 


Il karma yoga propone una via per la liberazione empirica e pratica, che ognuno di noi può applicare nella sua vita abbracciando con devozione i propri compiti quotidiani, che piacciano o meno, senza cercare attraverso di essi applauso e approvazione che altro non farebbero che coccolare e accrescere l'ego.

Swami Vivekananda, mistico indiano, sosteneva che questo fosse lo yoga per l’uomo attivo impegnato nel lavoro. Afferma: “Il Karma yoga ci insegna a come lavorare per il lavoro, non-attaccati, senza preoccuparci di ciò che si compie, ci insegna anche perché dovremmo lavorare. Il karma-yogi lavora perché è la sua natura, perché sente che è un bene per lui fare così, e non ha alcun obiettivo oltre quello. La sua posizione nel mondo è quella di un donatore, e non si preoccupa mai di ricevere nulla. Sa che sta donando, e non chiede nulla in cambio, e perciò evita la presa della sofferenza”.

 Quotidianamente karma yogi!

Lo ricordate Arjuna, il nostro eroe dubbioso sull’imbracciare le armi sul campo di battaglia? Ha poi intrapreso la lotta o ha abbandonato il campo?

Non sveliamo la risposta al lettore curioso, riportiamo solamente un verso particolarmente inspirante:

 “Dedicando a Me tutte le tue attività, in piena consapevolezza di Me, libero dal desiderio di profitto, da rivendicazioni di possesso e dall'indolenza, lotta, o Arjuna!”

 E con la combattività e fiducia che inspirano queste parole, continuiamo o iniziamo il nostro lavoro, in pieno spirito karma-yogico

Karma Yoga nel nostro lavoro

http://www.ramakrishna-math.org/index.php?option=com_content&view=article&id=107:swami-vivekananda-karma-yoga&catid=34&Itemid=73

Ramakrishna
Meditazioni

Sei in cerca di Dio? Cercalo allora nell'uomo! La sua divinità è più evidente nell'uomo che in qualsiasi altro oggetto. L'uomo è la più grande manifestazione di Dio.

Sri Ramakrishna
Swami Vivekananda - Karma Yoga

Cos’è il karma-yoga? È la conoscenza del segreto del lavoro. Anziché essere maltrattati in questo universo e apprendere le cose dopo molti ritardi e difficoltà, impariamo dal karma-yoga il segreto del lavoro, il metodo del lavoro, il potere organizzativo del lavoro. Una gran quantità di energia può essere spesa invano se non sappiamo come utilizzarla. Il Karma-yoga rende il lavoro una scienza; tramite questo imparate come utilizzare al meglio tutte le attività di questo mondo. Il lavoro è inevitabile; deve essere così. Ma dovremmo lavorare per gli scopi più alti.

Lavorate incessantemente, ma rinunciate all’attaccamento al lavoro. Non identificatevi con nulla. Mantenete libera la vostra mente. Tutto ciò che vedete, i dolori e le sofferenze, sono condizioni necessarie di questo mondo. La povertà e il benessere e la felicità sono momentanei; non appartengono affatto alla nostra vera natura. La nostra natura è ben oltre la sofferenza e la felicità, oltre ogni oggetto dei sensi, oltre l’immaginazione; e tuttavia dobbiamo sempre continuare a lavorare. La sofferenza viene dall’attaccamento, non dal lavoro. Appena ci identifichiamo con il lavoro che facciamo, ci sentiamo infelici; ma se non ci identifichiamo con esso, non sentiamo quella infelicità.

Ogni onda che nel cervello dice “io” e “mio” pone immediatamente una catena attorno a noi e ci rende schiavi; e più diciamo “io” e “mio” più cresce la nostra schiavitù, più cresce la nostra infelicità. Perciò il Karma-yoga ci consiglia di gioire della bellezza di tutte le cose nel mondo, ma non di identificarci con nessuna di esse.

Il non-attaccamento non si riferisce a ciò che potremmo fare in relazione al nostro corpo esterno è tutto nella mente. Se non abbiamo alcun legame con il corpo e con le cose dei sensi, siamo non-attaccati, dovunque e qualunque cosa possiamo essere. Un uomo potrebbe essere sul trono e perfettamente non-attaccato; un altro uomo potrebbe essere in stracci e ancora molto attaccato. Prima dobbiamo ottenere questo stato di non-attaccamento e poi lavorare incessantemente. Il Karma-yoga ci dà il metodo che ci aiuterà a rinunciare all’attaccamento, sebbene sia difficile.

Esistono due modi per abbandonare l’attaccamento. Uno è per coloro che non credono in Dio o in qualsiasi altro aiuto esterno. Sono lasciati ai loro mezzi; devono semplicemente lavorare con la loro volontà, con i poteri della loro mente e discriminazione, dicendo “io devo essere non-attaccato.” Per coloro che credono in Dio esiste un altro modo, che è meno difficile. Essi danno il frutto del lavoro al Signore; lavorano e non sono mai attaccati ai risultati. Tutto ciò che vedono, sentono, odono, o fanno, è per Lui. Non dobbiamo chiedere lode o ricompensa per qualsiasi lavoro possiamo fare. È del Signore; date il frutto a Lui.

Il Karma-yoga ci insegna a come lavorare per il lavoro, non-attaccati, senza preoccuparci di ciò che si compie, ci insegna anche perché dovremmo lavorare. Il karma-yogi lavora perché è la sua natura, perché sente che è un bene per lui fare così, e non ha alcun obiettivo oltre quello. La sua posizione nel mondo è quella di un donatore, e non si preoccupa mai di ricevere nulla. Sa che sta donando, e non chiede nulla in cambio, e perciò evita la presa della sofferenza.

Un karma-yogi non ha bisogno di credere in alcuna dottrina. Potrebbe anche non credere in Dio, potrebbe anche non domandarsi cosa sia la sua anima e non indulgere in alcuna speculazione metafisica. Ha il suo modo speciale di realizzare il non-egoismo, lo deve scoprire da solo. Ogni momento della sua vita deve essere una realizzazione, perché deve risolvere senza l’aiuto di alcuna dottrina o teoria, lo stesso problema a cui uno jnani applica la sua razionalità e il bhakta (devoto) il suo amore.

Mi è stato detto molte volte che un uomo non può lavorare se non ha la passione che solitamente sente per il lavoro. Molti anni fa lo pensavo anch’io; ma maturando e facendo più esperienza, trovo che non sia vero. Meno passione c’è, con più lavoriamo meglio. Più siamo calmi, meglio è per noi e maggiore è la quantità di lavoro che svolgiamo. Quando lasciamo andare i nostri sentimenti sprechiamo moltissima energia, distruggiamo i nostri nervi, disturbiamo le nostre menti, e realizziamo molto poco. L’energia che sarebbe dovuta andare nel lavoro viene spesa come semplice sentimento, che non ha alcun valore. È solo quando la mente è molto calma e raccolta che tutta la sua energia è spesa a compiere un buon lavoro. E se leggete le vite dei grandi lavoratori che il mondo ha prodotto, troverete che erano uomini meravigliosamente calmi. Nulla poteva gettarli fuori dal loro equilibrio. Questa è la ragione per la quale l’uomo che si arrabbia non fa mai una gran quantità di lavoro e l’uomo che non si inquieta mai compie così tanto. L’uomo che dà spazio alla rabbia o a qualsiasi altra passione non può lavorare; si autodistrugge e non compie nulla di pratico. È la mente calma, indulgente, giusta, ben bilanciata che produce le maggiori quantità di lavoro.

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martedì 11 aprile 2017

Psicoeducazione: assertività

Assertività L'assertività (dal latino "asserere" che significa "asserire"), o asserzione (o anche affermazione di sé), è una caratteristica del comportamento umano che consiste nella capacità di esprimere in modo chiaro ed efficace le proprie emozioni e opinioni senza tuttavia offendere né aggredire l'interlocutore. Secondo gli psicologi statunitensi Alberti ed Emmons, si definisce come «un comportamento che permette a una persona di agire nel suo pieno interesse, di difendere il suo punto di vista senza ansia esagerata, di esprimere con sincerità e disinvoltura i propri sentimenti e di difendere i suoi diritti senza ignorare quelli altrui». Essa si può anche delineare come il giusto equilibrio tra due polarità: da una parte il comportamento passivo, dall'altra il comportamento aggressivo. Descrizione Presupposti necessari per un comportamento assertivo sono: buona immagine di sé (autostima); adeguata comunicazione; libertà espressiva; capacità di rispondere alle richieste e alle critiche; capacità di dare e di ricevere apprezzamenti; capacità di sciogliere i conflitti. L'autostima è necessaria nella condotta assertiva, poiché chi si vuole bene si relaziona in maniera adeguata con gli altri, mentre il pensare di non valer nulla impedisce un buon dialogo con se stessi, finendo così per comportarsi in maniera passiva o aggressiva. Nella comunicazione, le persone assertive fanno spesso uso dei pronomi personali e di verbi incisivi (evitando invece un utilizzo smodato di "devo" o "dovrei"), non provano difficoltà a manifestare il proprio disappunto verso l'interlocutore e non mascherano le proprie emozioni. Inoltre tra comunicazione verbale e corporea non c'è incongruenza, ossia ciò che viene detto a parole è anche quello che viene detto con il corpo. Pare evidente che, così realizzata, la comunicazione si rivela autentica, franca. Essenziale a tal fine è la capacità di ascolto: mentre la persona aggressiva giudica e critica e quella passiva è eccessivamente accondiscendente, quella assertiva è aperta e dà la giusta considerazione a colui che sta parlando. Per far questo, si serve di "messaggi di ricezione" di ciò che viene detto, parafrasando quello che le viene comunicato e sintetizzando ciò di cui si sta discutendo. Altro elemento indispensabile è l'empatia, ossia il riuscire a cogliere la prospettiva dell'interlocutore assumendone il punto di vista. Alcune delle cause che non permettono lo sviluppo di una condotta assertiva possono essere: il cattivo apprendimento di comportamenti per eventuali condotte non virtuose delle figure familiari; delle esperienze negative che hanno generato ansia; un'educazione troppo rigida che non valorizza la persona e che non le insegna quali sono i suoi diritti; le convinzioni disfunzionali e i pensieri irrazionali. il radicamento nei propri orizzonti soggettivi con conseguente occlusione di vedute molteplici; L'allenamento assertivo potenzia la capacità di produrre stimoli non verbali. Le principali capacità relazionali non verbali sono: sincronizzazione; aspetto fisico; osservazione; contatto oculare; mimica facciale; spazio sociale; tono della voce; gestualità. Una buona sincronizzazione implica una vivace sensibilità percettiva non verbale: la selezione degli eventi segue la valutazione e l'analisi della realtà. L'aspetto fisico comunica qualcosa di noi e quindi è necessario aver presente quali accorgimenti utilizzare in tale ambito. Esso è particolarmente importante poiché un modo adeguato di presentarsi e comunicare prevede la capacità di saper indossare l'abito adatto, di non essere eccentrici nel vestirsi oppure trasandati. L'an-assertivo ha generalmente un'eccessiva preoccupazione centrata su se stesso, di sé di fronte al problema. È dunque chiara l'importanza di affinare la capacità di osservare per far comprendere al soggetto di non essere solo osservato ma anche osservatore. Di massima importanza è altresì il contatto oculare poiché chi osserva l'altro ha un'adeguata percezione della realtà e demolisce eventuali idee infondate. Mentre con l'assenza del contatto visivo si ha una tendenza alla fuga e all'evitamento, con il contatto visivo si dimostra una buona comunicazione, quindi esso è condotta ottimale nelle relazioni. Una mimica facciale deve invece comprendere che ciò che si comunica a parole sia quello che si esprime a gesti: un'eventuale contraddizione crea malintesi e ambiguità. Esiste poi uno spazio sociale per il quale le persone non in maniera casuale si pongono di fronte all'interlocutore. La persona passiva assume atteggiamenti di chiusura mentre la persona aggressiva comunica invasione e scompostezza. L'assertivo invece, con la sua postura, dimostra interesse, partecipazione. La direzione del corpo deve essere orientata verso l'interlocutore, mentre sovente una persona timida è orientata verso la fuga e quella aggressiva verso la dominazione. Legato allo spazio sociale c'è la visibilità sociale: mentre il timido si mimetizza ed è timoroso (e dunque è periferico), l'aggressivo dimostra esuberanza dell'azione e il tono della voce è alto. L'assertivo sa scegliere se sedersi in prima fila, sa scegliere dove collocarsi in maniera serena. Elemento comunicativo molto espressivo è la voce: in questo caso la persona assertiva ha ricchezza di toni, modulazioni ed è un bravo oratore, evitando le frequenze elevate. Mentre la persona passiva modula la voce abbassando l'intensità e la frequenza e riduce la velocità dell'eloquio. Infine le parole sono rafforzate dalla gestualità: la persona passiva risulta carente nell'usare la gestualità e quella aggressiva irrompe con eccessiva vistosità e ampiezza. La persona assertiva dimostra invece di saper utilizzare la gestualità in maniera corretta, arricchendo così la conversazione. Bibliografia Laurent Samuel Affermazione di sé, in Come risolvere da soli i problemi psicologici. 1a ed. Milano, R.C.S. Libri & Grandi Opere, 1993. pp. 8–13. ISBN 88-454-0603-2. (pubblicato nel periodico mensile "Tascabili Sonzogno" - Anno V - Numero 67). Robert E. Alberti e Michael L. Emmons Essere assertivi. Come imparare a farsi rispettare senza prevaricare gli altri. Il Sole 24 Ore, 2003. Nicola Iannaccone Stop al bullismo. Strategie per ridurre i comportamenti aggressivi e passivi a scuola edizioni La meridiana, 2005. ISBN 88-89197-29-3 Bonenti, D. & Meneghelli, A. (1997). Assertività e training assertivo. Guida per l'apprendimento in ambito professionale'. Milano: Franco Angeli Anchisi, R., Gambotto Dessy, M. (1995). Non solo comunicare. Teoria e pratica del comportamento assertivo. Torino: Libreria Cortina. fonte - Wikipedia

TOLSTOY, CHAARIA E LA FELICITÀ

TOLSTOY, CHAARIA E LA FELICITÀ

Dice Tolstoy: "ho vissuto molto, ed ora credo di aver trovato cosa occorra per essere felici: una vita tranquilla, appartata, in campagna, con la possibilità di essere utile con le persone che si lasciano aiutare e che non sono abituate a ricevere.
E un lavoro che si spera possa essere di qualche utilità, e poi riposo, natura, libri, musica, amore per il prossimo. Questa è la mia idea di felicità. Cosa può desiderare di più il cuore di un uomo?"
Pian piano sono arrivato a capire il senso di queste parole proprio in questo angolo sperduto dell'Africa.
Ci sono voluti molti anni, ma anche io intuisco che una vita tranquilla ed in campagna, in mezzo a gente semplice, e senza troppe complicazioni tipiche della nostra stressata vita occidentale, possa veramente rendere felici, pur nella fatica estrema del quotidiano.
A Chaaria lavoriamo molto, ma siamo tranquilli e non corriamo dietro a mille impegni quotidiani in cui ci si disperde e ci si stanca.
La vita appartata della missione ci focalizza sempre di più sul nostro scopo, che è il servizio incondizionato ai malati. Questa è la nostra semplificazione che rende la vita tranquilla.
Chaaria, questo angolo di campagna isolato e sperduto, negli anni mi ha dato la possibilità di sentirmi utile, e dove potrebbe esserci una gioia più grande?

Sono stato utile a quelli che si son lasciati aiutare...e sono la maggioranza; altri (pochi) non hanno apprezzato il mio servizio; qualcuno mi ha addirittura portato in corte.
Ma quelli che si son lasciati aiutare, li ho aiutati con tutto il cuore, e questo è certamente fonte di grande gioia interiore.
A Chaaria puoi vivere l'amore per il prossimo e trasformare la tua vita in servizio totale ed incondizionato.
La natura che ti circonda è maestosa e ti aiuta a ricaricarti sempre, a riprendere forza per servire ancora: l'amore per il prossimo, una luna piena stupenda, un cielo stellato, un'alba mozzafiato, e poi un buon libro pochi minuti prima di dormire o una bella canzone ascoltata
per radio mentre operi in sala, ti danno la forza per ricominciare sempre.
Credo oggi di capire e di condividere le parole di Tolstoy.

#FrBeppeGaido


Se volete donare qualcosa per permetterci di comperare materiale medico da portare a Chaaria potete fare una donazione usando questo link:

https://www.paypal.me/CristianoParisi


lunedì 10 aprile 2017

I neuroni dell'empatia



METTERSI NEI PANNI ALTRUI

Milano, 9 aprile 2017 - 15:41

Noi umani abbiamo un superpotere
È l’empatia che ci rende eccezionali

di Elena Meli

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Elon Musk uomo d’affari sudafricano - celebre per le sue auto elettriche dalla prestazioni eccezionali, i suoi missili e capsule spaziali con cui fa concorrenza alle Soyuz russe, che sogna di fondare una colonia su Marte - ha rilanciato l’ipotesi di un’umanità dotata di superpoteri. Il miracolo avverrebbe grazie a un collegamento cervello-computer che ci permetterebbe di fondere la nostra intelligenza con quella artificiale. Ci attende un futuro da cyborg? In realtà già oggi abbiamo moltissimi “superpoteri” di cui però non ci rendiamo realmente conto. Si tratta di capacità sviluppate in migliaia di anni di evoluzione e che oggi ci rendono la specie egemone sul nostro pianeta. In buona misura ciò di cui siamo capaci dipende dalle caratteristiche del nostro cervello, più potente dei computer nel fare calcoli probabilistici , in grado di adattarsi e superare i suoi limiti intrinseci, capace perfino di leggere nella mente degli altri, una peculiarità alla base della nostra vita sociale. Nessun trucco da prestigiatore, tutto merito dell’empatia: l’uomo ha sviluppato più di tutti gli altri animali la capacità di partecipare ai sentimenti altrui al punto da poter decifrare e perfino anticipare i pensieri e i comportamenti di chi ha di fronte

Leggere le emozioni altrui

«L’empatia è la base della natura sociale dell’uomo, rende possibile l’apprendimento e le relazioni affettive ed è una caratteristica diversa dalla capacità di mentalizzazione, che pure è tipica dell’uomo - spiega Claudio Mencacci, presidente della Società Italiana di Psichiatria -. Con questa possiamo rappresentare e comprendere gli stati mentali e affettivi dell’altro, ma non ne siamo partecipi; l’empatia invece ci porta a provare le stesse emozioni di chi abbiamo di fronte e quindi anche a superare l’egocentrismo per accogliere l’altro, realizzare interazioni più soddisfacenti, costruire legami sociali. Il nostro istinto ci porterebbe ad avere pregiudizi e a costruire barriere, invece siamo una specie nonostante tutto cooperativa: l’empatia ha consentito l’evoluzione del branco e ci ha permesso di realizzare la società come la conosciamo oggi». Le capacità utili a relazionarci con gli altri, di cui fa parte anche l’empatia, sono chiamate dagli esperti teoria della mente e sono utili a chiunque, ma indispensabili a politici, attori, scrittori. Queste doti non sono determinate soltanto dai geni, ma si possono imparare: neonati di pochi mesi riescono a leggere le emozioni altrui e per esempio, osservando le azioni di una persona, si aspettano che questa vada verso un oggetto ritenuto desiderabile e guardano da quella parte, di fatto prevedendone il comportamento.

Intelligenza emotiva

Crescendo, attraverso le esperienze, l’osservazione del mondo e anche la guida degli adulti, si impara sempre più a mettersi nei panni degli altri e quindi prevederne azioni e reazioni, a tutto vantaggio della possibilità di intessere relazioni proficue. La maggior parte di queste abilità si sviluppa nei primi cinque anni di vita, tanto più quanto più in famiglia e nel contesto sociale di riferimento si parla apertamente di emozioni e stati d’animo così da riconoscerli in se stessi e negli altri; tuttavia è possibile migliorare la capacità di leggere la mente anche da adulti e perfino dopo i 60 anni, con benefici nelle relazioni sociali visto che un maggior grado di empatia si associa a una minor solitudine. «La base biologica di tutto questo sta nei neuroni specchio (scoperti negli anni Ottanta, da Giacomo Rizzolatti dell’Università di Parma, si attivano quando compiamo un’azione ma anche quando vediamo compierla, ndr), che consentono al nostro cervello di vivere una sorta di “simulazione dell’esperienza altrui” essenziale per comprendere davvero chi abbiamo di fronte e interagire con lui - riprende Mencacci -. Questa capacità di leggere la mente è un’intelligenza emotiva che non tutti possiedono in ugual grado, ma che in compenso si può allenare».

Una gabbia di sofferenza

Il mezzo più facile? Leggere libri, a patto che siano di buona qualità: calarsi nelle storie e immedesimarsi nei panni dei personaggi è come guardare la realtà da un punto di vista diverso e costituisce un efficace esercizio per imparare a interpretare emozioni, gesti e comportamenti del prossimo anche nella vita quotidiana, affinando la capacità di leggere nella mente altrui. Purtroppo a volte lo “specchio” attraverso cui interagiamo con l’altro si rompe e l’empatia diventa impossibile. «Succede, per esempio, a chi ha disturbi antisociali della personalità, e a causa della malattia non è capace di partecipare al dolore dell’altro - aggiunge lo psichiatra -. Anche nell’autismo a basso funzionamento gli studi indicano una compromissione delle capacità di empatia e possibili alterazioni del sistema dei neuroni specchio». L’impossibilità di leggere la mente e le emozioni altrui diventa in questi casi una gabbia di sofferenza, la prova evidente di quanto il nostro benessere e le nostre relazioni si fondino su questo “superpotere”.

Una realtà oltre la realtà

Il nostro cervello sembra disegnato per credere in qualcosa che vada oltre quello che vediamo e tocchiamo. Tutto dipenderebbe proprio dalla «teoria della mente». Se possiamo «entrare» nei pensieri altrui, allora diventa possibile immaginare anche l’esistenza di menti senza corpo. E di una realtà oltre la realtà.

domenica 9 aprile 2017

Grandissimo Daniel Oss

http://www.ildolomiti.it/sport/parigi-rubaix-che-trentino-daniel-oss-apparecchia-van-avermaet-gianni-moscon-non-si-arrende

venerdì 7 aprile 2017

L'alieno whatsappa a Damiano

Alieno: Sai forse cosa hai sbagliato...
Hai sbagliato a cercare appoggio solamente fuori dal partito
Dovevi far valere le tue idee dentro al partito.. come ha fatto renzi
Devi conquistare il PD di Verona..

Damiano: hai ragionissimo, soprattutto in ottica primarie dovevo cercare piu chiamate e bevute con iscritti che video e conferenze stampa per parlare alla città.
Incredibile come pur avendo consulenti dietro poi quando sei in ballo non riesci a vedere le cose con limpidezza.
Devo recuperare li,
il partito si è sentito quasi attaccato da me e in parte va bene, ma l'abbiamo pagata cara
Alieno: Ti ricordi quando ti ho chiesto se hai mai perso nella vita?
Damiano: mmm no
Alieno: Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono... Poi vinci
Gandhi
Alieno: cmq si già perso 😉
Damiano: 🤗
Alieno: Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi ti combattono... La prima volta perdi..
... ed è meglio così se no ti monti la testa..
... a me è successo di nuotare nella merda per due anni in reparto...
... poi però inizi a mettere la testa fuori dal mare di merda in cui ti trovi..
Poi vedi un sasso e ti ci aggrappi.
Poi salì sul sasso, ti guardi intorno e vedi un palmeto
Ci entri
Vedi sugli alberi Bersani, Renzi, Il calamaro è l'orietta
Che si tirano noci di cocco
Un colpo Bersani butta giù Renzi
La volta dopo il contrario
Il calamaro se ne sta in disparte a mangiare calamari
E tu sali sull'albero
Damiano  😁😁😁
Alieno: Ma hai solo Delle noccioline e le tiri al calamaro è all'orietta
Loro ti tirano una valanga di noci di cocco e ti ributtano nella merda
Tu però risali di nuovo e fai un giro nel palmeto
E scopri che nel palmeto è pieno di belle cose..
Incontri Platone, Nietzsche è tutta quella ente li
E quando sali la volta dopo sulle palme ti porti un libro.. anzi una libreria
E con la libreria possono tirarti tutte le noci di cocco che vogliono
Ma tu gli restituisci i libri che pesano
e uno a uno li butti giù tutti
Poi però rimani solo, senza libri
Damiano: che dici andiamo a tirarli fuori dalla montagna di libri che li ha sotterrati poi?
Alieno: Frughi nelle tasche e trovi una fiala di Delysid
Te la bevi e te ne stai 10 anni sulla palma
Poi scendi perché ti sei rotto le palle
Incontri un viandante che ti riconosce e tu gli inizi a raccontare che Dio è morto
Ma che vuoi creare un mondo migliore
E raccogli attorno a te un sacco di persone e le convinci che another world es possible
Parola di alieno 😜
Damiano beeeeello 10 anni sulla palma
mi sa che non ho tutto sto tempo 😉
Alieno: Be' ma con l'LSD velocizzi i tempi
E poi la tua prossima occasione è tra 4 anni
A meno che l'orietta nn faccia la fine di Bersani..
In quel caso devi cercarti un letta qualunque.
Al quale dirai stai sereno..
E poi pem
E poi perdi il referendum
E poi torni a nuotare nella merda
Eterno ritorno
Che è sempre meglio di eterno riposo

giovedì 6 aprile 2017

Ognuno di noi vive nel suo piccolo mondo. Ma siamo connessi

Ogni uomo è il suo cervello.

Ogni cervello è un uomo.

Ogni cervello è il risultato di una quantità infinita di connessioni.

.IT

Cosi parló Zarathustra



da filosofico.net


COSI' PARLO' ZARATHUSTRA
Fra i miei scritti sta a sè il mio Zarathustra. Con esso io ho fatto all'umanità il più grande regalo che le sia mai stato fatto.

L' idea di Così parlò Zarathustra Balenò a Nietzsche come una folgorazione nell' agosto del 1881 , in Engadina ( Svizzera ) , " 6000 piedi al di là dell' uomo e del tempo " . 
Essa coincise con il rivelarsi dell' " eterno ritorno " , una delle teorie più fortemente nietzschiane . 
Lo Zarathustra rielabora e ripresenta tutto ciò che Nietzsche era stato fino allora in una forma assolutamente nuova , e soprattutto in una forma incompatibile con i canoni della filosofia occidentale . 
Risultati immagini per così parlò zarathustra" Un libro per tutti e per nessuno " é il sottotitolo di Così parlò Zarathustra : proprio perchè obbliga il pensiero a parlare immediatamente , fuori da ogni tecnicismo , in una forma poetica e profetica : tutti possono leggerlo , ma chi può capirne fino in fondo il significato ? Probabilmente nessuno . 
Non a caso ogni volta che si apre questo libro carico di enigmi , esso appare sorprendente e diverso , quasi se non si esaurisse mai il suo significato . 
Nietzsche era consapevole di questa ambiguità e di questa polisemia del suo libro , e in certo modo dell' intera sua opera ; in una lettera del 1884 scriveva : 
" Chissà quante generazioni dovranno trascorrere per produrre alcune persone che riescano a sentire dentro di sè ciò che ho fatto !
 E anche allora mi terrorizza il pensiero di tutti coloro che , ingiustificatamente e del tutto impropriamente , si richiameranno alla mia autorità . 
Ma questo é il tormento di ogni grande maestro dell' umanità : egli sa che , in date circostanze del tutto accidentali , può diventare con la stessa facilità una sventura o una benedizione per l' umanità " .Così parlò Zarathustra è l'opera che riassume il pensiero dell'ultima fase intellettuale di Nietzsche. 

L'opera è scritta secondo un modello che richiama lo stile del Nuovo Testamento e questa scelta di stesura in forma profetica ci fa intuire come Nietzsche, da questo periodo della sua vita in poi, si senta investito di un compito epocale, una convinzione di dover provocare un mutamento radicale di civiltà, mutamento concepito in solitudine e in un totale isolamento intellettuale. 

In questa opera Nietzsche prende congedo dal moralista e dallo psicologo e prende i toni di un profeta e di un lirico. Negli scritti successivi tale rottura va perduta, ed anche il respiro profetico. 
L'esame del contenuto porta comunque a scoprire una continuità di sviluppo: che Al di là del bene del male abbia i medesimi contenuti di Così parlò Zarathustra lo dice Nietzsche stesso; che un'uguale tematica sia già presente nella Gaia scienza è facilmente dimostrabile da un'analisi dell'opera e dei relativi frammenti postumi. 

Ma i contenuti non sono l'essenziale per Nietzsche: in quest'opera ciò che conta è il dettaglio, la singola visione, il tempo, il colore musicale, piuttosto che non i pensieri di fondo. 
Questo non inteso letterariamente (che sia essenziale la forma) ma filosoficamente. 
Piuttosto la forma è rivelatrice di un tentativo particolare di comunicazione, dove ciò che importa è anzitutto quello che vuol essere comunicato. 
Poesia e filosofia consistono in questo: rievocare, collegare (in un certo modo e in una certa forma) immagini, sentimenti e concetti preesistenti; e dove venga usato un linguaggio simbolico, alludere (attraverso una trasposizione immaginativa) a immagini, sentimenti e concetti già costituiti. 
Ma quando questi manchino, ossia quando ciò che è manifestato da un'espressione non sia esso stesso espressione, bensì una certa immediatezza di vita, fuori della rappresentazione e della coscienza, allora intervengono forme espressive analoghe a quelle di Così parlò Zarathustra. 

Questo libro sembra sorgere perciò dalla sfera delle espressioni primitive, ed è arduo classificarlo come opera filosofica. Una filosofia è di regola una manipolazione di concetti, i quali esprimono oggetti sensibili, mentre qui immagini e concetti non esprimono né concetti né cose concrete, sono simboli di qualcosa che non ha volto, sono espressioni nascenti. 
Così parlò Zarathustra è "un libro per tutti", è stato un serio tentativo di portare la filosofia su un piano esoterico, strappandola al tecnicismo, all'isolamento di cerchie senza risonanza, alla derisione che viene riservata a un'arte pretenziosa fuori moda.
E' anche "un libro per nessuno", una battaglia di vasta portata,: ma quello che sul fondo di essa vi è di remoto, nascosto, inaccessibile, intorbida la chiarezza della comunicazione. 

La melanconia di Zarathustra, i suoi lunghi silenzi, i sogni orrendi, l'ora senza voce, alludono di continuo ad una natura precocemente armata contro la vita, esposta al contagio pessimistico. 
Ma non c'è solo sensibilità, ma anche reattività, quella di un superuomo che declassa la ragione e afferma di nuovo la naturalità. 

Risultati immagini per zarathustra
 chi é Zarathustra , il folgorante profeta del superuomo , in fin dei conti? Egli é il " senzadio " per eccellenza , il sostenitore della teoria del superuomo e dell' eterno ritorno ; dopo essersi allontanato dalla sua città che aveva 30 anni e dopo averne passati 10 sui monti , in un luogo ameno e isolato , in compagnia di se stesso e dei suoi amici animali , all' età di 40 anni sente il bisogno di tornare in mezzo agli uomini per metterli a conoscenza della teoria del superuom , per insegnare loro ad apprezzare il mondo terreno per quello che é , senza vivere aspettando un presunto mondo ultraterreno che non può che non esserci : Giunto a trent' anni , Zarathustra lasciò il suo paese e il lago del suo paese , e andò sui monti. 

Qui godette del suo spirito e della sua sua solitudine, nè per dieci anni se ne stancò . 
Alla fine si trasformò il suo cuore , - e un mattino egli si alzò insieme all' aurora , si fece al cospetto del sole e così gli parlò : - "Astro possente ! Che sarebbe la tua felicità , se non avessi coloro ai quali tu risplendi ! Per dieci anni sei venuto quassù , alla mia caverna : sazio della tua luce e di questo cammino saresti divenuto , senza di me , la mia aquila , il mio serpente . Noi però ti abbiamo atteso ogni mattino e liberato dal tuo superfluo ; di ciò ti abbiamo benedetto . Ecco ! La mia saggezza mi ha saturato fino al disgusto ; come l' ape che troppo miele ha raccolto, ho bisogno di mani che si protendano
Vorrei spartire i miei doni , finchè i saggi tra gli uomini tornassero a rallegrarsi della loro follia e i poveri della loro ricchezza . Perciò devo scendere a giù in basso : come tu fai la sera , quando vai dietro al mare e porti la luce al mondo infero , o ricchissimo fra gli astri ! Anch' io devo al pari di te , tramontare , come dicono gli uomini , ai quali voglio discendere . Benedicimi , occhio pacato , scevro d' invidia anche tu alla vista di una felicità troppo grande ! Benedici il calice , traboccante a far scorrere l' acqua d' oro , che ovunque porti il riflesso splendente della tua dolcezza ! Ecco ! Il calice vuol tornare vuoto , Zarathustra vuol tornare uomo". Così cominciò il tramonto di Zarathustra. 
Zarathustra fa il suo arrivo in città e al vedere una folla non può resistere : ecco allora che pronuncia la teoria del superuomo (oltreuomo) , sostenendo che l' uomo in sè non sia un punto di arrivo, ma di partenza per dare un qualcosa di più, il superuomo appunto; questi afferma la vita accettandone la sofferenza, il dolore e le contraddizioni che l'accompagnano con gioioso (dionisiaco) amore per l'esistenza; è un creatore di valori ed è per questo privo di valori fissi e immutabili, al di là del bene e del male, artefice di una "morale autonoma ". 

Risultati immagini per oltreuomo

Ecco come Zarathustra arringa la folla : Giunto nella città vicina, sita presso le foreste, Zarathustra vi trovò radunata sul mercato una gran massa di popolo: era stata promessa infatti l'esibizione di un funambolo. 

E Zarathustra parlò così alla folla: Io vi insegno il superuomo. L'uomo è qualcosa che deve essere superato. Che avete fatto per superarlo? 

Tutti gli esseri hanno creato qualcosa al di sopra di sé: e voi volete essere il riflusso in questa grande marea e retrocedere alla bestia piuttosto che superare l'uomo? Che cos'è per l'uomo la scimmia? Un ghigno o una vergogna dolorosa. E questo appunto ha da essere l'uomo per il superuomo: un ghigno o una dolorosa vergogna. Avete percorso il cammino dal verme all'uomo, e molto in voi ha ancora del verme.

In passato foste scimmie, e ancor oggi l'uomo è più scimmia di qualsiasi scimmia. E il più saggio tra voi non è altro che un'ibrida disarmonia di pianta e spettro.
Voglio forse che diventiate uno spettro o una pianta? Ecco, io vi insegno il superuomo! Il superuomo è il senso della terra. Dica la vostra volontà: sia il superuomo il senso della terra! Vi scongiuro, fratelli rimanete fedeli alla terra e non credete a quelli che vi parlano di sovraterrene speranze! Lo sappiano o no: costoro esercitano il veneficio. Dispregiatori della vita essi sono, moribondi e avvelenati essi stessi, hanno stancato la terra: possano scomparire!
Un tempo il sacrilegio contro Dio era il massimo sacrilegio, ma Dio è morto, e così sono morti anche tutti questi sacrileghi. Commettere il sacrilegio contro la terra, questa è oggi la cosa più orribile, e apprezzare le viscere dell'imperscrutabile più del senso della terra!

In passato l'anima guardava al corpo con disprezzo: e questo disprezzo era allora la cosa più alta: essa voleva il corpo macilento, orrido, affamato. Pensava in tal modo, di poter sfuggire al corpo e alla terra. Ma questa anima era anch'essa macilenta, orrida e affamata: e crudeltà era la voluttà di questa anima! Ma anche voi, fratelli, ditemi: che cosa manifesta il vostro corpo dell'anima vostra? Non è forse la vostra anima indigenza e feccia e miserabile benessere? Davvero, un fiume immondo è l'uomo. Bisogna essere un mare per accogliere un fiume immondo, senza diventare impuri.
Ecco, io vi insegno il superuomo: egli è il mare, nel quale si può inabissare il vostro grande disprezzo. Qual è la massima esperienza che possiate vivere? L'ora del grande disprezzo. L' ora in cui vi prenda lo schifo per la vostra felicità e così pure per la vostra ragione e la vostra virtù . L' ora in cui diciate : " Che importa la mia felicità ? Essa é indigenza e feccia e un miserabile benessere .
Ma la mia felicità dovrebbe giustificare persino l' esistenza ! " L' ora in cui diciate : " Che importa la mia ragione ! Forse che essa anela al sapere come il leone al suo cibo ? Essa é indigenza e feccia e un miserabile benessere ". L' ora in cui diciate : " Che importa la mia virtù ! Finora non mi ha mai reso furioso . Come sono stanco del mio bene e del mio male ! Tutto ciò é indigenza e feccia e benessere miserabile ! " .
L' ora in cui diciate : " Che importa la mia giustizia ! Non mi vedo trasformato in brace ardente Ma il giusto é brace ardente ! " . L' ora in cui diciate : " Che importa la mia compassione ! Non é forse la compassione la croce cui viene inchiodato chi ama gli uomini ? Ma la mia compassione non é crocefissione ".

Avete già parlato così ? Avete mai gridato così ? Ah , vi avessi già udito gridare così ! Non il vostro peccato - la vostra accontentabilità grida al cielo, la vostra parsimonia nel vostro peccato grida al cielo! Ma dov'è il fulmine che vi lambisca con la sua lingua! Dov'è la demenza che dovrebbe esservi inoculata? Ecco, io vi insegno il superuomo: egli è quel fulmine e quella demenza! -
Zarathustra aveva detto queste parole, quando uno della folla gridò: "Abbiamo sentito parlare anche troppo di questo funambolo; è ora che ce lo facciate vedere!". E la folla rise di Zarathustra. 

Ma il funambolo, credendo che ciò fosse detto per lui, si mise all'opera. Zarathustra invece guardò meravigliato la folla.
Poi parlò così: L'uomo è un cavo teso tra la bestia e il superuomo, - un cavo al di sopra di un abisso. Un passaggio periglioso, un periglioso essere in cammino, un periglioso guardarsi indietro e un periglioso rabbrividire e fermarsi. La grandezza dell'uomo è di essere un ponte e non uno scopo: nell'uomo si può amare che egli sia una transizione e un tramonto. Io amo coloro che non sanno vivere se non tramontando, poiché essi sono una transizione. Io amo gli uomini del grande disprezzo, perché essi sono anche gli uomini della grande venerazione e frecce che anelano all'altra riva. Io amo coloro che non aspettano di trovare una ragione dietro le stelle per tramontare e offrirsi in sacrificio: bensì si sacrificano alla terra, perché un giorno la terra sia del superuomo.
Io amo colui che vive per la conoscenza e vuole conoscere, affinché un giorno viva il superuomo. E così egli vuole il proprio tramonto. Io amo colui che lavora e inventa, per costruire la casa al superuomo, e gli prepara la terra, l'animale e la pianta: giacché così egli vuole il proprio tramonto.
Io amo colui che ama la sua virtù: giacché virtù è volontà di tramontare e una freccia anelante. Io amo colui che non serba per sè una goccia di spirito , bensì vuol essere in tutto e per tutto lo spirito della sua virtù : in questo modo egli passa , come spirito , al di là del ponte . Io amo colui che della sua virtù fa un' inclinazione e un destino funesto : così egli vuole vivere , e insieme non più vivere , per amore della sua virtù . Io amo colui che non vuole avere troppe virtù . Una virtù é più virtù di due , perchè essa é ancor più il cappio cui si annoda un destino funesto . Io amo colui l' anima del quale si dissipa e non vuol essere ringraziato , nè dà qualcosa in cambio : giacchè egli dona sempre e non vuol conservare se stesso . Io amo colui che si vergogna quando il lancio dei dadi riesce in suo favore e si domanda : son forse un baro ? egli infatti vuole perire . Io amo colui che getta avanti alle proprie azioni parole auree e mantiene più di quanto prometta : egli infatti vuole il proprio tramonto . Io amo colui che giustifica gli uomini dell' avvenire e redime quelli del passato : a causa degli uomini del presente egli infatti vuole perire . Io amo colui che castiga il suo dio perchè ama il suo dio : giacchè dovrà perire per l' ira del suo dio . Io amo colui l'anima del quale trabocca da fargli dimenticare se stesso, e tutte le cose sono dentro di lui: tutte le cose divengono così il suo tramonto. Io amo colui che è di spirito libero e di libero cuore: il suo cervello, in tal modo, non è altro che le viscere del cuore, ma il suo cuore lo spinge a tramontare. Io amo tutti coloro che sono come gocce grevi, cadenti una a una dall'oscura nube incombente sugli uomini: essi preannunciano il fulmine e come messaggeri periscono. Ecco, io sono un messaggero del fulmine e una goccia greve cadente dalla nube: ma il fulmine si chiama superuomo. E' particolarmente forte e carica di significati la definizione di uomo come cavo teso tra bestia e superuomo : spetta a ciascuno di noi scegliere la parte verso la quale " forzare " . Tuttavia la folla non apprezza le parole di Zarathustra , sentendosi incapace di dar vita al superuomo , e preferisce assistere allo spettacolo del funambolo , uno spettacolo che non mette in crisi le loro concezioni e non stravolge un mondo che a loro pareva consolidato , come invece fa Zarathustra .

Ecco che il funambolo cammina sul filo teso tra due torri , un cavo teso proprio come é l' uomo per Nietzsche ; improvvisamente però egli precipita e si schianta al suolo : é il destino dell' uomo dai bassi ideali , che si ostina a seguire la tradizione del bene e del male , senza lasciarsi ammaestrare dagli insegnamenti di Zarathustra : una volta precipitato , egli é ancora in vita , ma gli resta poco prima di morire : Zarathustra gli si avvicina incuriosita ed egli fa le sue ultime riflessioni prima della morte , cercando di immaginare , secondo la tradizione religiosa , che cosa gli toccherà dopo la vita : sapevo da un pezzo che il diavolo mi avrebbe fatto lo sgambetto , egli dice a Zarathustra ; ma questi gli spiega che non c' é nessun aldilà , nessun " mondo dietro al mondo " : Sul mio onore amico , rispose Zarathustra , le cose di cui parli non esistono : non c' é il diavolo e nemmeno l' inferno . La tua anima sarà morta ancor prima del corpo : ormai non hai più nulla da temere ! . Il funambolo , in fin di vita , accetta quanto Zarathustra gli dice e nell' atto di esalare l' anima cerca di protendere la sua mano verso quella di Zarathustra per ringraziarlo .

Successivamente il saggio Zarathustra espone la grande teoria delle tre metamorfosi per diventare superuomini : attraverso le tre figure del cammello, leone, fanciullo Nietzsche riesce a spiegare il procedere umano verso la propria autoliberazione dagli idoli della superstizione e della colpa (religione e morale) verso l'innocenza dionisiaca del superuomo.

Il cammello rappresenta l'uomo che teme e riverisce, che si piega davanti alla grandezza di Dio assumendo volontariamente su di sé i grandi tormenti del mondo.
L'uomo poi diventa leone quando combatte contro la morale che gli è stata imposta riconoscendo il suo stato di alienazione precedente. Ma il leone possiede una "libertà da..." e non una "libertà di..." e allora per dare nuove leggi il leone deve diventare fanciullo, che rappresenta l'innocenza. I motti sono "tu devi" per il cammello, "io voglio" per il leone e "io sono" per il fanciullo .

Leggiamo l' intero passo in cui é descritto il processo : Tre metamorfosi io vi nomino dello spirito: come lo spirito diventa cammello, e il cammello leone, e infine il leone fanciullo. Molte cose pesanti vi sono per lo spirito, lo spirito forte e paziente nel quale abita la venerazione: la sua forza anela verso le cose pesanti, più difficili a portare. Che cosa è gravoso? domanda lo spirito paziente - e piega le ginocchia, come il cammello, e vuol essere ben caricato. Qual è la cosa più gravosa da portare, eroi? - così chiede lo spirito paziente, - affinché io la prenda su di me e possa rallegrarmi della mia robustezza. Non è forse questo: umiliarsi per far male alla propria alterigia? Far rilucere la propria follia per deridere la propria saggezza? Oppure è: separarsi dalla propria causa quando essa celebra la sua vittoria? Salire sulle cime dei monti per tentare il tentatore? Oppure è: nutrirsi delle ghiande e dell'erba della conoscenza e a causa della verità soffrire la fame dell'anima? Oppure è: essere ammalato e mandare a casa coloro che vogliono consolarti, e invece fare amicizia coi sordi, che mai odono ciò che tu vuoi? Oppure è: scendere nell'acqua sporca, purché sia l'acqua della verità, senza respingere rane fredde o caldi rospi? Oppure è: amare quelli che ci disprezzano e porgere la mano allo spettro quando ci vuol fare paura? Tutte queste cose, le più gravose da portare, lo spirito paziente prende su di sé: come il cammello che corre in fretta nel deserto sotto il suo carico, così corre anche lui nel suo deserto.

Ma là dove il deserto è più solitario avviene la seconda metamorfosi: qui lo spirito diventa leone, egli vuol come preda la sua libertà ed essere signore nel proprio deserto. Qui cerca il suo ultimo signore: il nemico di lui e del suo ultimo dio vuol egli diventare, con il grande drago vuol egli combattere per la vittoria. Chi è il grande drago, che lo spirito non vuol più chiamare signore e dio? "Tu devi" si chiama il grande drago. Ma lo spirito del leone dice "io voglio". "Tu devi" gli sbarra il cammino, un rettile dalle squame scintillanti come l'oro, e su ogni squama splende a lettere d'oro "tu devi!". Valori millenari rilucono su queste squame e così parla il più possente dei draghi: "tutti i valori delle cose risplendono su di me". "Tutti i valori sono già stati creati, e io sono ogni valore creato. In verità non ha da essere più alcun `Ìo voglio''!". Così parla il drago. Fratelli, perché il leone è necessario allo spirito? Perché non basta la bestia da soma, che a tutto rinuncia ed è piena di venerazione? Creare valori nuovi - di ciò il leone non è ancora capace: ma crearsi la libertà per una nuova creazione - di questo è capace la potenza del leone. Crearsi la libertà e un no sacro anche verso il dovere: per questo, fratelli, è necessario il leone. Prendersi il diritto per valori nuovi - questo è il più terribile atto di prendere, per uno spirito paziente e venerante. In verità è un depredare per lui e il compito di una bestia da preda.

Un tempo egli amava come la cosa più sacra il "tu devi": ora è costretto a trovare illusione e arbitrio anche nelle cose più sacre, per predar via libertà dal suo amore: per questa rapina occorre il leone. Ma ditemi, fratelli che cosa sa fare il fanciullo, che neppure il leone era in grado di fare? perché il leone rapace deve anche diventare un fanciullo? Innocenza è il fanciullo e oblio, un nuovo inizio, un giuoco, una ruota ruotante da sola, un primo moto, un sacro dire di sì. Sì, per il giuoco della creazione, fratelli, occorre un sacro dire di sì: ora lo spirito vuole la sua volontà, il perduto per il mondo conquista per sé il suo mondo.

Tre metamorfosi vi ho nominato dello spirito: come lo spirito divenne cammello, leone il cammello, e infine il leone fanciullo.

Ma Zarathustra porta un insegnamento non coglibile da tutti, ma indirizzato a pochi, agli uomini superiori: "Ah fratelli, questo dio che creai era opera e follia umana, come tutti gli dei! Uomo era, e solo un povero frammento di uomo e di io: dalla mia cenere e dalla mia vampa venne a me, questo fantasma: E in verità non mi venne dall’aldilà! Ma che avvenne fratelli? Superai me stesso, me stesso sofferente, portai la mia cenere al monte, trovai per me una fiamma più limpida. Ed ecco! Il fantasma si allontanò da me! ...Un nuovo orgoglio mi insegnò il mio io, e io lo insegno agli uomini: non nascondere più la testa nella sabbia delle cose celesti, ma portala libera e scoperta, una testa terrena che crea un senso alla terra....Malati e moribondi erano quelli che disprezzavano corpo e terra e inventarono il cielo e le redentrici gocce di sangue."; il messaggio di fondo é sempre lo stesso, mantenersi fedeli alla terra senza credere in un "mondo dietro il mondo".

Dall' esperienza cittadina Zarathustra arriva a capire che gli uomini non riescono a comprendere fino in fondo le sue teorie , lo ritengono ancora qualcosa di mezzo tra un pagliaccio e un cadavere . D' altronde Zarathustra , in seguito , dirà per indurre gli uomini superiori a tenersi lontano dal " volgo " :

Voi , uomini superiori , imparate questo da me : sul mercato nessuno crede a uomini superiori .
E , se volete parlare lì , sia pure ! Ma la plebe dirà ammiccando : << Noi siamo tutti uguali , l' uomo é uomo ; davanti a Dio siamo tutti uguali ! >> .
Davanti a Dio ! Ma questo Dio é morto . Davanti alla plebe , però , noi non vogliamo essere uguali . Uomini superiori , fuggite il mercato ! ; é evidente che il popolo non vorrà mai riconoscere l' esistenza di uomini superiori ( superuomini ) , un pò perchè legato alla tradizione cristiana che vuole gli uomini tutti uguali a Dio , un pò perchè , come Nietzsche dirà in Umano , troppo umano si cerca l' uguaglianza proprio perchè si ha timore di risultare inferiori nel confronto : si cerca cioè di tirare giù dal suo volo l' uomo superiore , per riportarlo al livello degli altri uomini , a terra . 

Ecco allora che il principale nemico di Zarathustra diventa lo " spirito di gravità " , questa forza che attira ogni cosa verso terra , impedendo all' uomo di elevarsi verso il cielo : Potrei credere solo a un dio che sapesse danzare . E quando ho visto il mio demonio , l' ho sempre trovato serio , radicale , profondo , solenne : era lo spirito di gravità , grazie a lui tutte le cose cadono . Non con la collera , col riso si uccide . Orsù , uccidiamo lo spirito di gravità .

Ho imparato ad andare : da quel momento mi lascio correre . Ho imparato a volare : da quel momento non voglio più essere urtato per smuovermi . Adesso sono lieve , adesso io volo , adesso vedo al di sotto di me , adesso é un dio a danzare , se io danzo . Nietzsche dichiara guerra allo spirito di gravità facendo dire a Zarathustra : Nutrito di cose innocenti , con poco , sempre pronto e impaziente di volare , di volar via , questa é la mia specie : come potrebbe non esservi qualcosa degli uccelli ! Tanto più che io sono nemico dello spirito di gravità , come lo sono gli uccelli : e ne sono nemico mortale , arcinemico , nemico da sempre ! [...] Colui che un giorno insegnerà il volo agli uomini , avrà spostato tutte le pietre di confine ; esse tutte voleranno in aria per lui , ed egli darà un nuovo nome alla terra , battezzandola la leggera .

Lo struzzo corre più veloce del più veloce dei cavalli , ma anche lui ficca ancora pesantemente la testa nella terra pesante : così pure l' uomo , che ancora non sa volare . Pesante é per lui la terra e la vita ; e così vuole che sia lo spirito di gravità ! Ma chi vuol divenire leggero e un uccello , non può non amare se stesso : questo é il mio insegnamento.
L' uomo deve essere superato ripete incessantemente Zarathustra per tutta l' opera , e il primo grande passo da fare per superarlo e lasciarsi alle spalle tutta la tradizione religiosa , più che mai quella cristiana col suo Dio nel quale é dichiarata inimicizia alla volontà di vivere ( l' Anticristo ) , un Dio che limita la potenza umana ; il vero Dio diventa l' uomo , anzi , il superuomo : I fichi cadono dagli alberi , essi sono buoni e dolci ; la loro rossa pelle si screpola , quando cadono . Io sono un vento del settentrione per fichi maturi .

Così , simili a fichi , cadono a voi questi insegnamenti , amici miei : bevetene il succo , la loro dolce polpa ! Tutt' intorno é autunno e cielo puro e pomeriggio. Guardate la pienezza intorno a noi ! Bello é guardare verso mari lontani , dalla sovrabbondanza .Un tempo nel guardare verso mari lontani si diceva Dio ; ora però io vi ho insegnato a dire : superuomo.
Dio é una supposizione ; ma io voglio che il vostro supporre non si spinga oltre i confini della vostra volontà creatrice . Forse che potreste creare un dio ? Dunque non parlatemi di dèi ! Certo , voi potreste creare il superuomo .

Forse non voi stessi , fratelli ! Ma potreste creare in voi i padri e gli antenati del superuomo : e questo sia il vostro creare migliore ! Dio é una supposizione : ma io voglio che il vostro supporre trovi i suoi confini entro ciò che é possibile pensare . Forse che potreste pensare un Dio ? Ma ciò significhi per voi volontà di verità : che tutto sia trasformato sì da poter essere pensato , visto e sentito dall' uomo ! Voi dovete pensare fino in fondo i vostri sensi stessi ! E ciò che avete chiamato mondo , deve ancora essere da voi creato : esso deve diventare la vostra ragione , la vostra immagine , la vostra volontà , il vostro amore ! E in verità per la vostra beatitudine , o voi che conoscete ! E come vorreste sopportare la vita senza questa speranza , voi che conoscete ? Voi non dovreste essere generati nè nell' incomprensibile nè nell' irrazionale . Ma , affinchè vi apra tutto il mio cuore , amici : se vi fossero degli dèi , come potrei sopportare di non essere dio ! Dunque non vi sono dèi . Bene , ora ho tratto la conclusione ; ora però essa trae me : dio é una supposizione : ma chi potrebbe bere tutto il tormento di questa supposizione senza morire ? Deve essere tolta al creatore la sua fede e all' aquila il suo librarsi in lontananze d' aquila ? Dio é un pensiero che rende storte tutte le cose dritte e fa girare tutto quanto é fermo . Come ? Il tempo sarebbe abolito , e tutto ciò che é perituro sarebbe solo una menzogna ? Pensare queste cose é vortice e vertigine per gambe umane , e vomito per lo stomaco : davvero , abbandonarsi a simili ipotesi io lo chiamo avere il male del capogiro . Io lo chiamo cattivo e ostile all' uomo tutto questo insegnare l' Uno e il Pieno e l' Immoto e il Satollo e l' Imperituro .

Ogni Imperituro non é che un simbolo ! E i poeti mentono troppo . Invece i migliori simboli debbono parlare del tempo e del divenire : una lode essi debbono essere e una giustificazione di tutto quanto é perituro ! Creare , questa é la grande redenzione dalla sofferenza , e il divenire lieve della vita . Ma perchè vi sia colui che crea é necessaria molta sofferenza e molta trasformazione . Sì , molto amaro morire dev' essere nella vostra vita , o voi che create ! Solo così siete coloro che difendono e giustificano ogni cosa peritura . Per essere il figlio di nuovo generato , colui che crea non può non voler essere anche la partoriente e non volere i dolori della partoriente . Davvero , attraverso cento anime io ho camminato la mia via e attraverso cento culle e dolori del parto . Molte volte ho già preso congedo : io conosco gli ultimi istanti che spezzano il cuore . Ma così vuole la mia volontà creatrice , il mio destino . O , se debbo parlarvi più sinceramente : proprio un tal destino vuole la mia volontà . Tutto quanto é sensibile soffre in me ed é in ceppi : ma il mio volere viene sempre a me come mio liberatore e apportatore di gioia . Volere libera : questa é la vera dottrina della volontà e della libertà , così ve la insegna Zarathustra .

Non più volere e non più valutare e non più creare ! Ah , rimanga sempre da me lontana questa grande stanchezza ! Anche nel conoscere io sento solo la mia volontà che gode di generare e di divenire ; e se nella mia conoscenza é innocenza , ciò accade perchè in essa é volontà di generare . Via da Dio e dagli dèi mi ha allettato questa volontà : che cosa mai resterebbe da creare , se gli dèi esistessero ! Ma la mia ardente volontà creatrice mi spinge sempre di nuovo verso l' uomo ; così il martello viene spinto verso la pietra . Ah , uomini , nella pietra é addormentata un' immagine , l' immagine delle mie immagini ! Ah , che essa debba dormire nella pietra più dura e più informe ! E ora il mio martello infuria crudelmente contro la sua prigione . Dalla pietra un polverio di frammenti : che mi importa ? Io voglio compiere la mia opera : un' ombra venne infatti a me , la più silenziosa e lieve di tutte le cose é venuta una volta da me ! La bellezza del superuomo venne a me come un' ombra . Ah , fratelli ! Che mai possono importarmi ancora gli dèi ! . Un ateismo radicale , che nasce dalla teoria secondo la quale Dio sarebbe morto : con il decadimento di tutti i valori , religiosi e non , é decaduto anche Dio stesso :Dio é morto ; a causa della sua compassione per gli uomini é defunto Iddio . [...] E' già da molto tempo che gli antichi dèi finirono : e , invero , ebbero una buona e lieta fine da dèi ! Essi non trovarono la morte nel crepuscolo , questa é la menzogna che si dice ! Piuttosto : essi risero una volta da morire , fino a uccidere se stessi ! Questo accadde , quando la più empia delle frasi fu pronunciata da un dio stesso , questa : Vi é un solo dio ! Non avrai altro dio accanto a me ! Un vecchio dio barbuto e burbero , un dio geloso trascese a questo modo : e allora tutti gli dèi risero e barcollarono sui loro seggi e gridarono : Ma non é proprio questa la divinità , che vi siano dèi ma non un dio ? Chi ha orecchi intenda . Questo é un punto di partenza per il superuomo , il cui agire pare davvero illimitato ( neanche Dio può limitarlo , visto che é morto ) : Morti sono tutti gli dèi : ora vogliamo che il superuomo viva . D' altronde l' uomo ha sempre vissuto nel timore di Dio e di un altro mondo , arrivando così a svalutare quello in cui trascorre la sua vita : ecco allora che é arrivato a vivere tristemente , nel timore di peccare e di commettere torto a Dio : ma da quando vi sono uomini , l' uomo ha gioito troppo poco : solo questo , fratelli , é il nostro peccato originale ! . Zarathustra , il senzadio , capisce che gli uomini comuni non fanno per lui , il loro carattere non si confa alle istanze della dottrina di cui si fa portavoce ; soprattutto gli uomini che parlano ancora di bene e male ( come se esistessero ! ) , quelli che sono per il " volgo " i buoni , che insegnano l' uguaglianza : per Zarathustra essi sono tarantole : Ecco la tana della tarantola ! Vuoi vederla tu stesso ? Qui pende la sua ragnatela : toccala , che frema . Eccola venire docilmente : benvenuta , tarantola ! Nero sta sul tuo dorso il tuo triangolo e distintivo ; e io so anche che cosa si annida nella tua anima . Vendetta si annida nella tua anima : dove tu mordi , si forma una nera schianza ; con la vendetta il tuo veleno fa venire le vertigini all' anima ! Così io parlo per similitudine a voi , che fate venire le vertigini alle anime , voi predicatori dell' uguaglianza ! Tarantole siete voi per me , e in segreto smaniose di vendetta ! ... così parla a me la giustizia : - gli uomini non sono uguali - E neppure devono diventarlo ! Che sarebbe il mio amore per il superuomo se io parlassi diversamente ? Per mille ponti e sentieri devono sospingersi verso il futuro , e tra loro deve essere posta sempre più guerra e diseguaglianza : così mi fa parlare il mio grande amore ! ...Invero Zarathustra non é vento che ruoti vorticoso ; e se anche é un danzatore , non sarà mai un danzatore per morso di tarantola ! ; questi uomini sono tarantole che , come se in combutta con lo spirito di gravità , vogliono impedire al superuomo di emergere , di elevarsi al di sopra di tutto e di tutti , vogliono impedirgli di volare , ostinandosi a parlare di bene e di male , di uguaglianza e di solidarietà : Anche io ho imparato a fondo l' arte di attendere , ma soltanto di attendere me stesso . E sopra ogni altra cosa ho imparato a stare e andare e camminare e saltare e arrampicarmi e danzare . Ma questa é la mia dottrina : chi vuole imparare un giorno a volare , deve prima di tutto imparare a stare e andare e camminare e arrampicarsi e danzare : il volo non si impara in volo ! Io ho imparato ad arrampicarmi con scale di corda fino a più di una finestra , a gamba lesta mi sono inerpicato su per alti alberi di nave : star seduto sugli alti alberi della nave della conoscenza , mi parve non piccola beatitudine , palpitare come le fiammelle su alti alberi di nave : una piccola luce , é vero , purtuttavia un grande conforto per naviganti e naufraghi sperduti ! Per vie di molte specie e in molti modi sono giunto alla mia verità ; non fu una sola scala , quella su cui salii per giungere alla vetta , dove il mio occhio dilaga nelle mie remote lontananze . E solo malvolentieri ho sempre chiesto le strade , ciò é sempre stato contrario al mio gusto ! Preferivo interrogare e tentare le strade da solo . Il mio cammino é sempre stato , in tutto e per tutto , un tentativo e un interrogativo ; in verità bisogna anche imparare a rispondere a questo interrogare ! Ma questo é il mio gusto : non un buon gusto , nè cattivo , bensì il mio gusto , di cui non mi vergogno più e che più non celo . << Questa insomma é la mia strada , dov' é la vostra ? >> , così rispondo a quelli che da me vogliono sapere la strada . Questa strada , infatti , non esiste ! ; ma quella di Zarathustra non é una semplice presa di posizione contro il volgo , che gli si é dimostrato nemico : lui ha provato a propugnare presso il popolo le sue teorie dell' oltreuomo e della morte di Dio , ma esso non le ha accettate : Chi presso gli uomini tutto volesse comprendere , dovrebbe toccare tutto . Ma le mie mani sono troppo pulite per farlo . Già non sopporto di respirare il loro respiro ; ahimè , aver dovuto vivere così a lungo in mezzo al loro strepito e al loro alito cattivo ! Oh silenzio beato intorno a me ! Oh puri aromi ! Oh come questo silenzio attinge il suo puro respiro dalle profonde cavità del petto ! Oh , come sta in ascolto , questo silenzio beato ! Ma laggiù in basso , là tutti parlano e nessuno presta attenzione . Anche a divulgare la saggezza propria con squillo di campane : ai mercanti sul mercato basterà far tintinnare pochi soldi , per sovrastarne il suono ! Tutti parlano presso di loro , nessuno é più capace di intendere . Tutto va a finire nell' acqua , nulla più in profonde sorgenti . Tutti parlano presso di loro , ma nulla riesce più e giunge alla fine . Tutti starnazzano , ma chi ha voglia di rimanere in silenzio sul suo nido a covar l' uova ? Tutti presso di loro parlano , e tutto viene logorato a forza di parole . E ciò che ieri era troppo duro perfino per il tempo e per la sua zanna : oggi penzola rosicchiato a brandelli dal muso degli uomini d' oggi . Tutti presso di loro parlano , e tutto viene messo in piazza . E ciò che un tempo si chiamò segreto e intimità di anime profonde , oggi viene strombazzato per le strade da ogni genere di schiamazzatori . O natura dell' uomo , bizzarra natura ! Strepito per vicoli bui ! Or sei di nuovo dietro di me : il più grande dei miei pericoli é dietro di me ! Il più grande dei miei pericoli fu sempre quello di risparmiare gli altri e di averne compassione ; e ogni natura umana vuol essere risparmiata e sopportata . Con verità rattenute , con una mano folle e un cuore infatuato e ricco di piccole bugie compassionevoli : così ho sempre vissuto tra gli uomini . Ho seduto tra loro travestito , disposto a misconoscere me stesso , per poter sopportare loro , e ripetendo sempre a me stesso : folle , tu non conosci gli uomini ! Si disimpara a conoscere gli uomini , se si vive tra gli uomini : troppo in tutti gli uomini é solo facciata , a che servono tra loro occhi che mirano e che cercano nella lontananza ! E quando disconoscevano me : io , pazzo , proprio per questo avevo più riguardi per loro che per me : avvezzo alla durezza verso me stesso , e spesso vendicando su me stesso la mia clemenza . Punzecchiato da mosche velenose e scavato , come una pietra , da molte gocce di perfidia , così sedevo in mezzo a loro e per di più cercavo di convincermi : i piccoli non hanno colpa della loro piccolezza ! Specialmente quelli che si dicono buoni trovai che erano le più velenose delle mosche : essi punzecchiano in piena innocenza , essi mentono in perfetta innocenza : e come potrebbero essere giusti verso di me ! Chi vive in mezzo ai buoni , la compassione gli insegna a mentire . La compassione rende l' aria intanfita in tutte le anime libere . La scempiaggine dei buoni , infatti , é senza fondo . Nascondere me stesso e la mia ricchezza , questo ho imparato laggiù in basso : perchè non ne trovai uno che non fosse povero di spirito . Questa fu la menzogna della mia compassione : tutti li conoscevo , per ognuno la mia vista e il mio olfatto mi dicevano che cosa per lui fosse spirito a sufficienza e che cosa troppo spirito ! I loro saggi legnosi io li chiamavo saggi e non di legno , così imparai a ingozzare le parole . Zarathustra ha provato con entusiasmo a far passare le sue teorie , ma ha capito che l' uomo é difficile da scoprire , ed egli é per se stesso la più difficile delle scoperte . D' altronde l' idea di un uomo superiore agli altri , come detto , non può che trovare opposizione presso il popolo : non é facile il superuomo , il capire che come uomini non si é un fine ma solo un mezzo per il superuomo , un ponte : Vi sono vie e maniere di molte specie che portano al superamento : ma qui , vedi tu ! Solo un pagliaccio può pensare : << l' uomo può anche essere saltato d' un balzo >> . Supera te stesso anche nel tuo prossimo : e un diritto che puoi togliere in prede , non devi lasciartelo dare ! Ciò che tu fai , nessuno può rifartelo a sua volta . Vedi , non esiste remunerazione . Chi non é capace di comandare a se stesso , ha da obbedire . E vi sono certi che sanno comandare a se stessi , ma molto ci manca a che sappiano anche obbedire a se stessi ! . Zarathustra decide così di tenersi distante dal popolo e di allontanarsi dalla città a lui cara , " Vacca Pezzata " , per far ritorno sulla montagna alla sua caverna : tuttavia il suo permanere presso gli uomini non é stato vano ; certo , ha capito che essi preferiscono forzare dalla parte delle bestie piuttosto che verso quella del superuomo , si é accorto che un superuomo non c' é ancora stato ( Ancora non é esistito un superuomo . Io li ho visti tutti e due nudi , l' uomo più grande e il più meschino . Sono ancora troppo simili l' uno all' altro . In verità anche il più grande io l' ho trovato troppo umano ! ) , ma tuttavia é arrivato a scoprire che in ogni uomo é insita la volontà di potenza , ogni azione é motivata dal cercare di aumentare il proprio potere : Ogni volta che ho trovato un essere vivente , ho anche trovato volontà di potenza ; e anche nella volontà di colui che serve ho trovato la volontà di essere padrone . Il debole é indotto dalla sua volontà a servire il forte , volendo egli dominare su ciò che é ancora più debole : a questo piacere , però , non sa rinunciare . E come il piccolo si dà al grande , per avere diletto e potenza sull' ancora più piccolo : così anche ciò che é più grande dà se stesso e , per amore della potenza , mette a repentaglio la sua vita . Ma Zarathustra é il grande distruttore della morale classica, imposta dal razionalismo socratico: la più grande liberazione deve però riguardare l’idea cristiana della morte, idea strutturata secondo il modello cristiano - borghese di dominio. La paura della morte è la paura della sanzione finale dell’insensatezza dell’esistenza: Molti muoiono troppo tardi, e alcuni muoiono troppo presto. Suona ancora strano l’insegnamento: "muori al momento giusto!". Muori al momento giusto: questo insegna Zarathustra. In verità, chi non vive al momento giusto, come potrebbe morire al momento giusto? Bisognerebbe che non fosse mai nato! Questo consiglio ai superflui. Zarathustra dunque ritorna sulla sua montagna arricchito di nuove esperienze , ha una conoscenza più profonda dell' uomo di quanto non avesse prima . Ecco che Zarathustra matura la teoria dell' eterno ritorno : Coraggio è la mazza più micidiale: il coraggio ammazza anche la compassione. Ma la compassione è l'abisso più fondo: quanto l'uomo affonda la sua vista nella vita, altrettanto l'affonda nel dolore. Coraggio è però la mazza più micidiale, coraggio che assalti: esso ammazza anche la morte, perché dice: "Questo fu la vita? Orsù! Da capo!". Ma in queste parole sono molte squillanti fanfare. Chi ha orecchi, intenda. "Alt, nano! dissi. O io! O tu! Ma di noi due il più forte son io: tu non conosci il mio pensiero abissale! Questo - tu non potresti sopportarlo!". Qui avvenne qualcosa che mi rese più leggero: il nano infatti mi saltò giù dalle spalle, incuriosito! Si accoccolò davanti a me, su di un sasso. Ma, proprio dove ci eravamo fermati, era una porta carraia. "Guarda questa porta carraia! Nano! continuai: essa ha due volti. Due sentieri convengono qui: nessuno li ha mai percorsi fino alla fine. Questa lunga via fino alla porta e all'indietro: dura un'eternità. E quella lunga via fuori della porta e in avanti - è un'altra eternità. Si contraddicono a vicenda, questi sentieri; sbattono la testa l'un contro l'altro: e qui, a questa porta carraia, essi convengono. In alto sta scritto il nome della porta: "attimo''. Ma, chi ne percorresse uno dei due sempre più avanti e sempre più lontano: credi tu, nano, che questi sentieri si contraddicano in eterno?". "Tutte le cose diritte mentono, borbottò sprezzante il nano. Ogni verità è ricurva, il tempo stesso è un circolo". "Tu, spirito di gravità! dissi io incollerito, non prendere la cosa troppo alla leggera! O ti lascio accovacciato dove ti trovi, sciancato - e sono io che ti ho portato in alto! Guarda, continuai, questo attimo! Da questa porta carraia che si chiama attimo, comincia all'indietro una via lunga, eterna: dietro di noi è un'eternità. Ognuna delle cose che possono camminare, non dovrà forse avere già percorso una volta questa via? Non dovrà ognuna delle cose che possono accadere, già essere accaduta, fatta, trascorsa una volta? E se tutto è già esistito: che pensi, o nano, di questo attimo? Non deve anche questa porta carraia esserci già stata? E tutte le cose non sono forse annodate saldamente l'una all'altra in modo tale che questo attimo trae dietro di sé tutte le cose avvenire? Dunque - anche se stesso? Infatti, ognuna delle cose che possono camminare: anche in questa lunga via al di fuori - deve camminare ancora una volta! E questo ragno che indugia strisciando al chiaro di luna e persino questo chiaro di luna e io e tu bisbiglianti a questa porta, di cose eterne bisbiglianti - non dobbiamo tutti esserci stati un'altra volta? e ritornare a camminare in quell'altra via al di fuori, davanti a noi, in questa lunga orrida via - non dobbiamo ritornare in eterno?". ; ma il superuomo non può che apprezzare l'eternità, l'eterno ritorno, perché è un rinnovarsi continuo della sua volontà di potenza e del suo dominio sul mondo: un dominio che dovrà ritornare all'infinito, per l'eternità: ed è questo l' "amor fati" che proclama Zarathustra, l'amore per l'eterno ritorno delle cose; egli continua a ripetere "ti amo eternità! una volta abbandonata definitivamente la città e il mercato , Zarathustra dialoga a riguardo della dottrina dell' eterno ritorno con i suoi stessi animali , che , a differenza del volgo , lo ascoltano entusiasti , quasi come a dire che essi sono superiori perchè in fondo l' uomo é il più crudele degli animali : ecco che io muoio e scompaio , diresti , e in un attimo sono un nulla . Le anime sono mortali come i corpi . Ma il nodo di cause , nel quale io sono intrecciato , torna di nuovo , esso mi creerà di nuovo ! Io stesso appartengo alle cause dell' eterno ritorno . Io torno di nuovo , con questo sole , con questa terra , con quest' aquila , con questo serpente , non a nuova vita o a vita migliore o a una vita simile : io torno eternamente a questa stessa identica vita . Zarathustra narra di una passeggiata su un impervio sentiero di montagna , in cui lo segue lo spirito di gravità , metà talpa , metà nano , metà storpio , il suo demonio e nemico capitale , il quale gli canta una sorta di ritornello che contiene una versione da nani dell' eterno ritorno : O Zarathustra , sussurrava beffardamente sillabando le parole , tu , pietra filosofale ! Hai scagliato te stesso in alto , ma qualsiasi pietra scagliata deve cadere ! [ A un certo punto si trovano di fronte ad una porta carraia ] . << Guarda questa porta carraia ! Nano ! continuai : essa ha due volti . Due sentieri convengono qui : nessuno li ha mai percorsi fino alla fine . Questa lunga via fino alla porta e all' indietro : dura un' eternità . E quella lunga via fuori dalla porta e in avanti é un' altra eternità . Si contraddicono a vicenda , questi due sentieri ; sbattono la testa l' uno contro l' altro : e qui , a questa porta carraia , convengono . In alto sta scritto il nome della porta : attimo . Ma , chi ne percorresse uno dei due sempre più avanti e sempre più lontano : credi tu , nano , che questi sentieri si contraddicano in eterno ? >> . << Tutte le cose diritte mentono , borbottò sprezzante il nano . Ogni verità é ricurva , il tempo stesso é un circolo >> . Tu , spirito di gravità ! , dissi io incollerito , non prendere la cosa troppo alla leggera ! .
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Sulla sua montagna Zarathustra ritrova la pace: ma essa viene improvvisamente sconvolta da un grido d'aiuto lanciato dalla foresta: é l'umanità che ha bisogno di Zarathustra e dei seuoi insegnamenti. Ecco allora che il vecchio senzadio non esita a scendere dal monte e si lancia alla ricerca di chi ha emesso l'urlo per potergli prestare soccorso: si imbatte in un indovino già incontrato anni addietro e poi in una coppia di re: anch'essi, come Zarathustra, sono alla disperata ricerca di un uomo superiore, nauseati dalla volgare società comune. Con Zarathustra condividono l'ideale che l'uomo più elevato sulla terra deve anche essere il signore di tutti. Non vi é nel destino dell'uomo sventura più dura di quando i potenti della terra non sono anche i primi uomini. Proseguendo la sua ricerca, Zarathustra si imbatte in un ferito che, dopo l'incertezza iniziale, si rivela onorato di essere al cospetto del celebre senzadio: dopo averlo aiutato e rincuorato, Zarathustra, tipico eroe romantico che non trova pace, non demorde nella sua ricerca e incontra un mago che gli si rivolge con una sfilza di ritornelli magici e di filastrocche: anch'egli comunque nutre grande rispetto nei confronti del celebre vegliardo ed é pronto a seguire i suoi preziosi insegnamenti. Ma probabilmente il punto culminante nei vari incontri di Zarathustra é quello con il vecchio papa: il vecchio senzadio gli domanda se é vero, come si dice, che Dio é morto: il vecchio papa annuisce. Dio é morto per colpa degli uomini? No di certo: che colpe può avere l'uomo verso Dio? E' Dio stesso che l'ha creato e deve risponderne! Se la colpa era dei nostri orecchi, perchè ci dette degli orecchi che lo udivano male? domanda Zarathustra con insistenza. Fu il buon gusto alla fine che portò l'uomo a dire: Basta con un Dio così!Meglio nessun Dio, meglio costruirsi il destino con le proprie mani, meglio essere un folle, meglio essere noi stessi Dio!. Dopo essersi in seguito imbattuto nell'uomo più brutto del mondo, nel mendicante volontario, e perfino nella sua stessa ombra, Zarathustra rincasa: alla fine egli invita nella sua caverna tutti i personaggi che ha incontrato ed essi accettano l'invito con gioia. A questo punto ciascuno di loro apprende finalmente che cosa significhi vivere, senza il timore di Dio o di forze soprannaturali e quello che sembra apprezzare maggiormente é l'uomo più brutto: Io sono per la prima volta felice di aver vissuto tutta quanta la mia vita. E l'attestare questo non mi basta ancora. Vale la pena di vivere sulla terra. Occorre imparare ad apprezzare il nostro mondo, senza speranze in una vita ultraterrena!

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