mercoledì 5 aprile 2017

La Bicicletta è fatica


La bicicletta insegna cos'è la fatica, cosa significa salire e scendere - non solo dalle montagne, ma anche nelle fortune e nei dispiaceri - insegna a vivere.
Il ciclismo è un lungo viaggio alla ricerca di se stessi.

Per approfondire

http://aforismi.meglio.it/aforisma.htm?id=29c0

http://www.ivanbasso.it/Ivan_Basso/Home.html

Dove devo firmare?

“Dove devo firmare?”

“Dove devo firmare?”

“Non c’è niente da firmare.”

“Mi avete detto che mio marito non si riprenderà mai, che resterà un vegetale, io voglio firmare per l’eutanasia.”

“Gliel’ho già spiegato, l’eutanasia in Italia è illegale. Lo sa che non si può fare.”

“Sono la moglie, l’avente diritto e lui in vita ha sempre detto chiaramente che non voleva restare un vegetale. Io voglio rispettare la volontà in vita di mio marito.”

“Lo so, ma noi non possiamo aiutarla. Suo marito sta respirando da solo con la tracheostomia, il cuore batte da solo. Non stiamo facendo nessun accanimento terapeutico.”

Mi guarda dritta in faccia, non piange nemmeno più, ha pianto tanto nei giorni scorsi e piangerà ancora, ma oggi non si concede nemmeno una lacrima, non la vuole concedere a me. Oggi è in guerra, contro di me.

Io respiro piano e tengo lo sguardo, sfrego i palmi delle mani sulle cosce, come quando ho un attacco di allergia e mi prudono le mani, perché è così che mi sento: ho dentro di me qualcosa che mi sta facendo male.

“Dottoressa, quando il mio cane l’anno scorso si è ammalato il veterinario gli ha fatto l’eutanasia con il Tanax. Lei sa cos’è il Tanax?”

“Sì, è una miscela di tre farmaci: un narcotico, un curaro e un anestetico locale.”

“E lei queste cose non le ha?”

Respiro ancora una volta:”Certo che le abbiamo.”

“E allora gliele somministri, io non dirò niente, nessuno saprà mai niente e lei avrà fatto un gesto pietoso. Come è possibile che il mio veterinario sia più umano e pietoso di lei?”

Potesse mi prenderebbe a sberle, potendo mi prenderei a sberle da sola.

“Signora, non faccio io le leggi e questo discorso non porta a niente, la prego.”

“Lei è sposata?”

“Sì, lo sono.”

“Se fosse al mio posto lo farebbe a suo marito?”

Questo è un gioco a cui non voglio giocare, ho imparato con gli anni a non cadere nei tranelli dei pazienti, anche quando dettati solo dalla disperazione.

“Signora, glielo ripeto, in Italia non pratichiamo l’eutanasia.”

Continua a guardarmi con occhi furenti, un dolore così nero e ribollente, che farebbe indietreggiare un esercito, mentre io sono solo un fante.

“E quindi, ora, cosa succederà?”

“Nei prossimi giorni gli faremo una PEG, poi lo dimetteremo in un centro specializzato.”

“Che bella prospettiva. E se mi rifiutassi?”

“Continuerà con la nutrizione in sondino.”

“Sondino che prima o poi decubiterà, giusto?”

“È molto probabile, sì.”

“E poi? Con tutti questi tubi e cannetti potrà sopravvivere a lungo, che bel traguardo! Che futuro luminoso! Non mi resta che sperare in un ictus, un’infarto, o un’infezione, vero?”

Non rispondo più, non provo nemmeno una blanda difesa, lascio che mi faccia a brandelli, per quel che possa servire a lei, a lui, o anche solo a me.

“Lui era forte, sopravviverà a lungo e tutti noi ci ricorderemo di lui così, in un letto come una bambola rotta, ma lui non era così, sa? Non è così che meritava di essere ricordato.”

Continuo con il mio silenzio ottuso, mentre lei procede da sola.

“Posso andare da lui, ora?”

“Certo, signora, la accompagno.”

“No, grazie, conosco la strada.”

Si alza e se ne va, lasciandomi appiccicata alla sedia, come se un catrame denso non mi permettesse di muovermi. Resto così per qualche secondo, ma tanto so già che questo catrame non si dissolverà da solo, per cui, lentamente, mi alzo e, con passo pesante, quanto i miei pensieri, torno a lavorare.

https://nessunodicelibera.wordpress.com/2016/11/07/dove-devo-firmare/#more-4627

martedì 4 aprile 2017

L’aspetto cognitivo e affettivo nei pazienti con tumore cerebrale

L’aspetto cognitivo e affettivo nei pazienti contumore cerebrale


Da 

http://www.univrmagazine.it/sito/vedi_articolo.php?id=1484

Andrea Talacchi, professore di neurochirurgia dell’ateneo scaligero, è editor di una pubblicazione speciale su “Journal of Neuro Oncology”. La rivista scientifica ha infatti dedicato uno spazio ai risultati ottenuti dallo studio del docente veronese sull’applicazione di indagini neuropsicologiche nei pazienti con tumore cerebrale. Mentre prima venivano valutate solo le funzionalità fisiologiche del paziente quali motilità e sensibilità, ora si inizia a dare importanza all’aspetto cognitivo-affettivo. A chiarire la problematica e a sottolineare l’importante risultato internazionale è lo stesso dottor Talacchi.

Dottor Talacchi, cosa rappresenta per lei la pubblicazione dei suoi studi sulla rivista scientifica “Journal of Neuro Oncology”?

E’ un bel riconoscimento, il coronamento di un percorso e di un lavoro di equipe (in collaborazione con Carlo Alberto Marzi, Leonardo Chelazzi e con la  dottoressa Savazzi di Fisiologia e con il professor Miceli dell’università di Trento), nato dal desiderio di conoscere meglio l’effetto del tumore sul funzionamento cerebrale e di dimostrare che l’attenzione rivolta al paziente non è inferiore a quella che rivolgiamo verso le tecniche che ci permettono di rimuovere il tumore, soprattutto quando si sperimentano approcci chirurgici innovativi. Rappresenta anche l’inizio di un nuovo progetto europeo che stiamo preparando sulla revisione dei criteri di giudizio riguardo l’esito di un trattamento, sia esso chirurgico, radioterapico o chemio terapico. Un progetto che potrebbe avere un grosso impatto nella comunità scientifica e clinica, e che segna l’indirizzo verso una medicina personalizzata.

Quale ruolo gioca l’aspetto cognitivo-affettivo nella riabilitazione dei pazienti operati?

E’ troppo presto per dirlo. Dobbiamo prima rifinire i nostri strumenti investigativi e applicare i test neuropsicologici con la stessa solerzia con la quale oggi impieghiamo la risonanza magnetica, solo dopo saremo in condizione di rispondere a questa domanda. Per ora ci limitiamo a vedere il cervello non il suo funzionamento.

Quale ruolo può giocare il neuropsicologo nel team di medici?

Molto importante. Se si considera che il nostro primo articolo pubblicato nel 2010 è stato il quarto in tutta la letteratura che tiene conto della valutazione neuropsicologica dall’inizio della storia clinica del paziente  e di quanto questo sia importante per confrontare valutazioni successive, dopo i trattamenti e lungo il decorso della malattia, ci si rende conto che il problema “strutturale” è fondamentale: non si possono avere informazioni finché manca questa figura nei team neuro-oncologici. Questo vale pure per il nostro reparto, purtroppo, molto di questo lavoro è stato svolto da una sola neuropsicologa … precaria da sette anni.

Viste le conseguenze cognitive, come si dovrebbe intervenire per dare sostegno ai pazienti “sopravvissuti”?

Sopravvissuti è troppo. Sono pazienti che camminano, escono e hanno una vita di relazione nel 90% dei casi … anche se non sono più quelli di prima, ma solo un occhio molto esperto se ne può accorgere, è questo il punto. Per “prima” intendiamo prima della malattia, perché è il tumore a dare i maggiori disturbi cognitivi, non l’intervento se questo è ben condotto.

 

 

lunedì 3 aprile 2017

L'etica del peccato occidentale e i riti di purificazione orientali


Da

http://didasfera.it/kids/?unita=3290

il dipinto mostra sant'agostino, sullo sfondo dei libri ©

Sant'Agostino dipinto da Botticelli

Nel solco della nostra conversazione, la posizione di Agostino è tutto sommato semplice. Una volta consolidatasi, la Chiesa si era trasformata in un’istituzione pubblica, e come tale volta al conseguimento di un ordine sociale che ne garantisse la stabilità; proprio per questo essa non poteva più permettersi di nutrire istanze di carattere utopico ma doveva volgere le aspettative messianiche del suo popolo verso una dimensione che non appartenesse più alla storia, o, in poche parole, alla politica. Più che spegnere i sogni, un potere accorto li volge altrove, e questo altrove stava lì, a disposizione di chi lo sapesse adattare alle nuove esigenze. Agostino, uomo affamato di esperienze intellettuali, conobbe Platone nella versione teologicizzata delle sette neoplatoniche, e con estrema raffinatezza e sapienza seppe trarne il senso psicologicamente più utile alla metamorfosi della Chiesa. Ben lo comprese Petrarca il tremendo significato di questo passo delle Confessioni: «E vanno gli uomini a contemplare le cime dei monti, i vasti flutti del mare, le ampie correnti dei fiumi, l’immensità dell’oceano, il corso degli astri e trascurano se stessi». Non fuori ma dentro di noi sta la verità, perché Dio lo incontriamo nella nostra anima. Felicità autentica, e vero Bene, è dunque, platonicamente e plotinianamente, la cura dell’anima; una cura che non può avere come fine un’immane abbuffata di mille anni, ma uno stravolgimento del modo stesso di esistere. Ma andiamo con ordine.
Come aveva insegnato Platone, l’amore nasce dalla mancanza. Anche il desiderio, quindi, che è l’umana manifestazione di questa mancanza. Ma qual è la mancanza originaria che rende l’uomo bisognoso di felicità? Non dobbiamo mai dimenticare che Dio aveva creato Adamo completamente libero dal bisogno, senza mancanze. Che cosa c’è all’origine del “vuoto che ci riempie”? Il Peccato, la grande categoria ontologica della nostra civiltà cristiana.

Piccolo popolo - Un momento …. Vuoi dire che non c’era l’idea del peccato prima del cristianesimo? E tutti quei rituali di purificazione che riempivano le liturgie pagane, per allontanare l’ira degli dei dalle colpe degli uomini?
Ermetis - Per carità, qui scivoliamo su un terreno troppo pericoloso. Varrebbe la pena di aprire una conversazione a parte, ma ci troveremmo ben presto in un labirinto inestricabile. Provo a semplificare, ma devo chiedervi di non pretendere troppo.
I meccanismi generativi della colpa sono stati studiati fin troppo a fondo dalla psicanalisi, ed è questa la prima cosa su cui dovremo glissare. Questo solo per dire che oggi abbiamo piena consapevolezza del fatto che è nella nostra natura mentale soffrire di sensi di colpa. Quindi, sotto questo aspetto, non è il principio di colpa in sé ciò che caratterizza la mentalità cristiana. È la sua natura, come potevate già immaginare. Intanto vediamo di definire il più sinteticamente possibile questo principio: esso consiste, antropologicamente, nell’infrazione della legge. Il non sottostare a un obbligo creato per mettere ordine nel caos genera nuovo disordine, e di questo dobbiamo pagare le conseguenze. La colpa è quindi un atto di arroganza (la famosa Ybris greca) o tracotanza, il voler uscire da un’armonia (cosmos) prestabilita per affermarsi come individualità. Il peccato di Lucifero non ha quindi una tonalità diversa da quella dei Titani ribelli della mitologia greca, o dello stesso Prometeo, se vogliamo. Ma le cose cambiano se entriamo nel mito del Paradiso perduto e del Peccato originale. Perché qui si parla non più di una responsabilità personale della colpa, o di un semplice destino che accomuna i mortali nel loro essere mancanti, cioè finiti. Qui è in gioco una Colpa che da Uno si irradia “naturalmente”, per generazione carnale, su tutti. Come può essere colpevole chi non ha peccato? Verso che cosa siamo responsabili tutti, prima ancora di esserci? Se c’è una dimensione della colpa, del peccato, che appartiene all’uomo in quanto tale, allora è l’uomo in quanto tale che è colpevole, a prescindere dalla sua stessa volontà. È la natura umana che è corrotta

nell'immagine, in bianco e nero, si vede un angelo che precipita dal cielo (con ali somiglianti a quelle di un pipistrello - no, non ridere, non è batman :D)) ©

Gustave Doré, la caduta di Lucifero dal Paradiso

Piccolo popolo - È un’infelicità che deriva da un “senso di colpa” più che da un “senso di inferiorità”.
- Effettivamente sono cose ben diverse.
- Il cristiano quindi sarebbe un tipo di uomo più maturo, più consapevole, rispetto al pagano?
- Forse più sofferente, perché la sua disperazione sa contro chi rivolgersi. In fondo so di essere sempre io il vero responsabile dei miei mali. Edipo non può dire lo stesso.
Ermetis - Certo. Conosco il Bene, e non lo voglio. Sono scisso tra l’amore per me e l’amore per il Bene. In questa scissione abita il peccato. Per questa ragione l’Albero biblico è detto “della Conoscenza del bene e del male”, che “tradotto” significa: del potere e non volere. L’idea del peccato si insinua in ogni atto che ci rende responsabili di una scissione, ma a ciò si aggiunge il fatto che questa scissione è già parte di noi. Come se non potessimo non peccare.
Piccolo popolo - Quindi, quando il serpente dice «Voi sarete come dei» non intende indicare ad Adamo ed Eva uno stato di vita superiore, ma il contrario: staccarli dalla totalità, renderli individui centrati su di sé, sull’io?
Ermetis - Esattamente. La condizione umana è la scissione: siamo liberi perché abbandonati a noi stessi.
Piccolo popolo - Il bene quindi sarebbe il ritorno all’unità col tutto, il male persistere nella scelta di sé.
Ermetis - Direi che ci siamo. Torniamo allora ad Agostino.

È facile adesso capire il nesso felicità/infelicità in questo particolare orizzonte. Se l’infelicità è la nostalgia per il paradiso perduto, per la totalità abbandonata per amore di sé, felicità non può che essere la pienezza e la gioia del ritorno (nostos) nel tutto di cui siamo parte. La via del ritorno è aspra e difficile, perché implica la sconfitta della nostra seconda natura, quella sorta dalla scissione; perché implica, in vista della resurrezione, la volontà di morire. La conversione del cuore è la via regia per questo ritorno, una sorta di sui-cidio, cioè di annientamento del sé nell’abbandono. “A orecchio” ricorda le innumerevoli vie della trascendenza orientale, ma la differenza è grande: perché il cristianesimo richiede che, per fede, l’uomo rinunci non a una “forma esteriore”, a un’apparenza, quasi al bozzolo che gli impedisce di diventare farfalla (e cosa ci sarebbe di tragico in questo?). No: il cristianesimo agostiniano chiede che l’uomo rinunci alle ali con cui ha intrapreso il suo volo nella storia, che ritorni nel bozzolo di una identità unitaria che ha come modello l’armonia della Trinità. L’uomo che deve convertirsi non è l’uomo senza storia di una società di caste; il cristiano è innanzitutto il figlio dell’Occidente razionale e pragmatico, è un uomo che si è fatto da sé, che si è autodeterminato in una prospettiva dinamica di accrescimento del proprio potere. Nietzsche direbbe che è l’uomo della Volontà di potenza. È a quest’uomo che Agostino prospetta un’idea di felicità che sorge dal taglio delle proprie radici, da un atto di morte ben più doloroso che il semplice lasciar essere se stessi della meditazione orientale. Bene, per Agostino, è dire un no definitivo alla città terrena; ora, pensiamo questo pensiero in tutta la sua terribilità, perché questo precetto è dato a un uomo che si è forgiato nella città (polis). Chi può essere tanto forte da riuscire in quest’impresa? Il messaggio è davvero tremendo, perché è rivolto a uno spicchio di umanità che non è portata a pensare in termini di armonia universale, ma solo in quelli dell’interesse individuale. Questa non è la solita condanna del mondo nei termini messianici del millenarismo apocalittico, di un cristianesimo populista e da trincea come quello dei primi martiri e delle prime folle di miseri attratti da un sogno di riscatto. Questo è il cristianesimo trionfante che dice ai suoi fedeli: non c’è bene nel mondo, non c’è progresso, ma solamente solitudine e disperazione; non adoperarti per te stesso, perché nella solitudine non si costruisce nulla. Non c’è giustizia qui, alla fine di tutto, ma solo amore; e l’amore lo costruisci abbandonando la cura di te stesso.

Delysid (Lsd25) Quando ancora l'LSD era legale (fino al 1965)






TCompresse da 0,025 mg (25 mg)
Fiale da 0,1 mg (100mcg) per uso orale.
La soluzione può essere anche iniettata per via s.c. o i.v.
l'azione è identica a quella per via orale ma sopraggiunge più rapidamente.

Proprietàla somministrazione di dosi molto basse di Delysid (1/2-2 mcg/Kg) provoca stati transitori di eccitazione, allucinazioni, depersonalizzazione, liberazione di ricordi rimossi e lievi sintomi neurovegetativi. L'effetto sopraggiunge dopo 30-90 minuti e di solito dura 5-12 ore. Intermittenti stati di eccitazione opssono tuttavia persistere per diversi giorni.

Modalità di somministrazionePer via orale, il contenuto di 1 fiala di Delysid viene diluito in acqua distillata e in una soluzione di acido tartarico all'1%. Il processo d'assimilazione della soluzione è più rapido e più efficace di quello delle compresse.
Se custodite sigillate e protette dalla luce in un luogo fresco, le fiale hanno durata illimitata. se aperte o diluite in soluzione, e conservate in frigorifero, mantengono la loro efficacia per 1-2 giorni.
Indicazioni e posologia
a) In psicoterapia analitica, per indurre stati di rilassamento psichico, particolarmente in presenza di ansia e si nevrosi ossessive.
La dose iniziale corrisponde a 25 mcg (1/4 di fiala o 1 compressa).
Questa dose viene aumentata a ogni seduta di 25 mcg fino a raggiunere il livello ottimale (di solito tra i 50 e i 200 mcg). I trattamenti con Delysid avvengono per lo più a intervalli di una settimana.
b) Negli studi sperimentali sulla natura delle psicosi: Sperimentando il Delysid su se stesso, lo psichiatra è in grado di gettare uno sguardo sul mondo delle idee e delle sensazioni dei suoi pazienti. Il Delysid può essere usato anche per indurre stati di psicotici di breve durata in soggetti normali, facilitando in tal modo le ricerche sulla patogenesi delal malattia mentale.
In soggetti normali sono sufficienti dosi di 25-75 mcg per produrre una psicosi allucinatoria (una media di 1 mcg/kg). In alcune forme psicotiche e nei casi di alcolismo cronico sono necesasrie dosi più elevate (2-4 mcg/kg).

Precauzioni Stati mentali patologici possono essere intensificati dal delysid. Si richiede una particolare cautela nei casi di soggetti con tendenze suicide o dove si sospetti un'imminente insorgenza psicotica. Una certa instabilità psico-emotiva e la tendenza a compiere atti impulsivi può occasionalmente verificarsi per alcuni giorni.
Il Delysid dovrebbe essere somministrato solamente sotto stretto controllo medico. Il controllo non dovrebbe venire sospeso fino a che l'effetto del farmaco non sia del tutto svanito.

Antidoto L'azione psichica del Delysid può essere interrotta attraverso somministrazione i.m. di 50 mg di clorpromazina. Letteratura disponibile su richiesta.

SANDOZ A.G., BASILEA (SVIZZERA)


da http://mirrors.autistici.org/www.psicoattivo.it/chimica/lsd/delysid.htm



Il valore della sconfitta




Da http://videotecapasolini.blogspot.it/2016/09/il-valore-della-sconfitta-un-falso.html?m=1Il  valore della sconfitta
Un falso pasoliniano

Il falso pasoliniano prende spunto da una citazione di Pasolini. Questa citazione, estrapolata da un suo intervento del  28 ottobre del 1961 su Vie Nuove, rivista per la quale ha collaborato da giugno  1960 a settembre 1965 su invito di   Maria Antonietta Macciocchi:

    Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…”


Per effetto di non si sa quale alchimia virtuale, si è trasformata in questo:

    “Penso che sia necessario educare le nuove generazioni al valore della sconfitta. Alla sua gestione. All’umanità che ne scaturisce. A costruire un’identità capace di avvertire una comunanza di destino, dove si può fallire e ricominciare senza che il valore e la dignità ne siano intaccati. A non divenire uno sgomitatore sociale, a non passare sul corpo degli altri per arrivare primo.
    In questo mondo di vincitori volgari e disonesti, di prevaricatori falsi e opportunisti, della gente che conta, che occupa il potere, che scippa il presente, figuriamoci il futuro, a tutti i nevrotici del successo, dell’apparire, del diventare…. A questa antropologia del vincente preferisco di gran lunga chi perde. E’ un esercizio che mi riesce bene. E mi riconcilia con il mio sacro poco.
    Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con modi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù…”


L'intero scritto appena citato, viene condiviso in rete attribuito interamente a Pier Paolo Pasolini ( pare che le considerazioni aggiunte alle parole realmente scritte da Pasolini, siano di una maestra - Rosaria Gasparro ).
Riporto sotto l'articolo completo apparso su Vie Nuove e oggi raccolto in Saggi sulla politica e sulla società di Pier Paolo Pasolini, Editore Mondadori, collana I Meridiani, da dove è tratta la vera citazione di Pasolini:
POESIA, CINEMA, POLITICA


Caro signor Pasolini, ho capito quanto lei dice su D'Annunzio e, in linea di massima, condivido le sue opinioni. Tutta quella caterva di parole sia pure infilate con un certo virtuosismo, mi è stata ostica sempre e pesante. Magnifico è quanto lei dice: «fascismo e poesia non possono mai coincidere>>. Perché la poesia è amore fra gli umani. Nel fascismo invece, tale nobile sentimento è sconosciuto. Mi dica: le piace il Pascoli? A me, sì. Un po' troppo rassegnato ma dignitoso, umano. Sul ((Paese», poi, ho letto la recensione delle sue ultime poesie. Le hanno fatto l'appunto di ((decadente». Io non ho letto le sue poesie (coi quattro soldi della pensione riesce sempre più difficile comperarsi qualche libro), ma dai brani riportati su «Vie Nuove», l'accusa non mi pare giusta. Ho visto La giornata balorda e l'ho apprezzato. Il problema però è un altro: le cose che quel film dice le sanno anche coloro che fingono di ignorarle. Passo all'ultimo argomento. Lei una volta, mi ba dato un dispiacere, criticando Stalin. Io non mi sono mai creata dei feticcio so che Sta/in era soltanto un uomo e, come tale, poté sbagliare. Anzi, avrà certamente sbagliato ma ciò che di positivo ha fatto quell'uomo ha avuto un peso rilevante nella storia contemporanea. Credo che mi presterà fede se le dico che sono disinteressata e sincera e che le ho parlato a cuore aperto per la stima che ho di lei.
A. Stecchini- Viareggio

Cara amica, la sua lettera è una vera e propria conversazione, piena di argomenti accennati, accavallati. Vorrei risponderle con altrettanta foga, perché lei è molto simpatica. Ma la sede in cui le rispondo mi costringe a un certo ordine, a un certo dominio «semplificante» delle cose da dire. Le rispondo perciò per argomenti: D'Annunzio. Ormai, su D'Annunzio, o scrivo un saggio di cento pagine, o non apro più bocca. Lei è d'accordo con me: e quindi mi esime dal tornarci sopra. Pascoli. Su Pascoli mi sono laureato. Su Pascoli ho scritto forse il mio migliore (o almeno più utile agli altri) saggio critico. È stampato sul primo numero della rivista «Officina», una rivista bolognese che ormai ha cessato le pubblicazioni, ed è, credo, difficilmente reperibile.
Però, quel saggio, se le importa, lo può trovare ripubblicato sul mio volume di critica Passione e ideologia (Garzanti). Non lo amo molto, Pascoli: ma è l'unico della famosa triade, che stimo veramente poeta, se non altro poeta dell'invenzione linguistica. Egli era un uomo arido, inibito, infecondo, ma a questo sopperiva con una vasta ispirazione, appunto, linguistica. Tutte le esperienze innovative del nostro secolo, buone e cattive, hanno avuto in qualche modo origine in lui: da Montale, agli orfici, ai dialettali. Perciò egli è importante culturalmente.
E, noti bene, tutte le tendenze stilistiche, che si sono sviluppate dai suoi esperimenti - spesso rozzi e provinciali, sia pure - sono state tipiche dell'antifascismo culturale del Novecento. Un antifascismo puramente passivo, è vero, borghese: ma è già molto, non le pare? La giornata balorda. Spesso i comunisti rimproverano ai loro compagni o amici che fanno del cinema di non essere abbastanza comunisti. Anche i critici, competenti in ogni senso, che sanno benissimo come stanno le cose.
Lei, pur col suo carattere gentile e schietto, commette un po' lo stesso errore. Lo sa che La giornata balorda è stata sequestrata- coi soliti argomenti pretestuali, ma in realtà, come è stato confidato al produttore, in camera charitatis, perché considerato «il film più comunista di questi anni»? Si figuri un po' ... Se soltanto avessimo accennato nel film a quello che si dovrebbe fare per risolvere la disoccupazione noi, poveri autori, saremmo stati a dir poco linciati.
È disumano, dunque, e disonesto, chiedere agli scrittori e ai registi impegnati>> di fare quello che non possono fare. Grazie tante, saprei io che sceneggiatura o che film fare, se fossi libero. D'altra parte sarebbe forse meno disumano o meno disonesto se voi ci chiedeste di non fare film, di non esprimerci, di tacere, visto che non · possiamo farlo con la più completa libertà?
Io penso che anche film come La giornata balorda possano avere il loro peso, la loro carica polemica, pur se ideologicamente deboli e mutilati. E già molto che coloro che «sanno queste cose, ma fingono di non saperle


» siano costretti a prenderle in considerazione, se non altro ricorrendo ai loro sbirri per impedire l'uscita delle opere che denunciano l'esistenza di «quelle cose>>.



L'integralismo ideologico ha tutte le mie simpatie. lo sono per l'integralismo ideologico, per l'assoluta coerenza, per una moralità di pensiero intatta e incapace di compromessi. Ma l'integralismo ideologico non è mica un catechismo! Una cosa è non scendere a compromessi e una cosa è non storicizzare e umanizzare il giudizio!

Lei su La giornata balorda non deve portare, implacabile, il suo giudizio di comunista incorrotta; ma deve prendere La giornata balorda per quello che è: un film prodotto in Italia, sotto gli occhi dei censori romani e milanesi, e che, pur essendo tale, è, secondo quei censori, il massimo che si può fare in fatto di denuncia contro la borghesia del benessere: e poi, è il film di un regista, Bolognini, che non è affatto comunista, ma semplicemente un borghese, di fondo cattolico, ora laico e libero.

È assurdo, antistorico, e schematicamente ideologico, chiedere a La giornata balorda altro da quello che ha dato. Stalin. Probabilmente non sono tanto più giovane di lei da non aver vissuto le sue stesse esperienze fondamentali. Anch'io, durante la guerra, e subito dopo, ho amato con tutto il cuore quell'uomo, misterioso e simbolico. Con centinaia di migliaia di cittadini, vedevo in lui il liberatore vero, ingenuamente. Ero molto giovane e quasi infante in politica. Ora, quel mito, per quel che mi riguarda, è totalmente esausto: resta, di mitico la grandezza militare di Stalin, e il suo «pugno di ferro» indubbiamente necessario in un lungo e terribile periodo di emergenza.

    Ma io sono un uomo che preferisce perdere piuttosto che vincere con metodi sleali e spietati. Grave colpa da parte mia, lo so! E il bello è che ho la sfacciataggine di difendere tale colpa, di considerarla quasi una virtù ...


Stalin non amava, è certo, gli eroi di Dostoewskij. Non posso perdonare a Stalin le repressioni, le ingiustizie, i campi di concentramento. Il comunismo è perfettamente inutile se non considera sacro il rispetto per la persona umana. Il capitalismo, e non solo nelle sue punte estreme - fascismo e nazismo - è odioso appunto perché non prova questo fondamentale rispetto: e, in nome dei suoi supremi interessi - che si ammantano sempre di    pseudo-ragioni idealistiche - umilia la persona umana.

Il popolo russo che con la Rivoluzione d'Ottobre si è affacciato alla storia - a parte le aristocrazie operaie che l'hanno guidato - era un popolo di contadini, con immense masse sottoproletarie. Era fatale dunque, che la rivoluzione, applicandosi su questo corpo immenso, potente, vitale ma storicamente acerbo, subisse delle attrazioni dal passato: un passato di pura vitalità, di immatura violenza. Stalin è stato il simbolo vivente, dipinto, di questa forza per certi aspetti regressiva imposta al ciclo storico della rivoluzione. Almeno così mi sembra. La mia non è l'opinione di un politico competente, ma di un uomo sensibile ai problemi politici. Ora quel tanto di cieco, di irrazionale, di fanatico, di arcaico, di infantile che le enormi masse russe hanno apportato 'alla forza rivoluzionaria, proprio per il fatale avanzare della rivoluzione, è andato esaurendosi: e Stalin appare veramente come un uomo di altri tempi, completamente esaurito.
Forse egli è stato necessario. Ora non lo è certamente più. Ed è inutile rimpiangerlo, o farne nostalgiche palinodie.


Dialoghi con Pasolini, settimanale Vie Nuove, n. 42, 28 ottobre 1961.

sabato 1 aprile 2017

L'alieno domani vorrebbe andare a a votare Damiano Fermo

Ciao a tutti, sono di nuovo .IT

sono tornato sulla terra ieri, perchè domani ci sarà un appuntamento importante.

Ieri ho partecipato a una festicciola organizzata da Damiano in Porta Palio.




Sembrava di essere a una festa tra amici più che a un comizio politico.
A dire il vero mi sono pure ubriacato ma forse non se ne sono accorti in molti.

Devo dire che questa volta la quantità di terrestri della mia generazione era molto più elevata rispetto al dibattito a cui ho partecipato la scorsa settimana.
Spero che questo sia un buon segno.






Damiano era sempre vestito con la sua solita giacca nera e la camicia bianca.

Probabilmente è uno di quelli psicopatici con l'armadio pieno di giacche e camicie tutte uguali.

Rispetto ai discorsi che si fanno da ubriachi alle feste però c'era qualcosa di diverso.
La gente parlava di idee, di come cambiare la città, in modo molto naive, senza parlare di tramacci politici o di voti.


Vi farò una previsione (noi sul Pianeta Verde ci divertiamo a fare queste cose)

Se Damiano vince le primarie il PD diventa il primo partito di Verona. Damiano diventa sindaco e le cose cambiano.

Se Damiano perde le primarie il PD non vince a Verona. Forse vincono i 5 stelle.. forse le cose cambieranno comunque.
Ma chissà in quale direzione.

Damiano ha in mente una direzione ben precisa e questa direzione mi piace.

Per saperne di più
http://blog.damianofermo.it/
https://www.facebook.com/events/639022389640052/

Dove votare
purtroppo nel sito del pd di verona faccio fatica a trovare dove votare... forse che non hanno paura che se va troppa gente va a finire che vince Damiano?

trovato!!

http://sostieni.damianofermo.it/


Durante il viaggio di ritorno dalla terra ho letto questo bell'articolo su Damiano che vi riporto

http://www.vvox.it/2017/03/04/primarie-pd-a-verona-fermo-io-unico-libero-lo-dicono-pure-i-5-stelle/






Fra gli aspiranti candidati sindaci dei Dem, il renzianissimo consigliere comunale spiega le sue idee. Anche su Tosi: «qui, niente da salvare. Ma sul nazionale...»

fermo damiano

Damiano Fermo, consigliere comunale del Pd a Verona, è il prototipo vivente del renziano: 34 anni, imprenditore (o meglio commerciante «nel food locale»), una laurea in economia e gestione delle imprese e pubbliche amministrazioni, una moglie e figli piccoli, nel Pd dalla fondazione, si è candidato a sindaco del suo partito da outsider, senza dirigenti alle spalle. Anzi, il suo renzismo è così renziano da fargli bacchettare persino Renzi: «deve tornare quello degli inizi: sostengo da sempre che il segretario deve fare il segretario e il premier, il premier. C’è bisogno di avere una guida a tempo pieno, per pescare gli innovatori nei territori così da realizzare il ricambio generazionale».
Cioè valorizzare, per esempio, lei.
Beh, questo è un motivo per cui, ad esempio, sono più attrattivo di Franchetto (Gustavo, giornalista, già consigliere regionale, non tesserato al Pd, in corsa anche lui alle primarie veronesi del Pd che si terranno il 26 marzo, secondo alcuni dato per vincente, ndr): un giovane interpreta meglio la realtà attuale, in un tempo di crisi di radicamento dei partiti come questo.
Oltre a lei e a Franchetto, ad aspirare alla candidatura a sindaco nel Pd c’è anche la consigliere comunale Elisa La Paglia (sicura), mentre è in forse, al momento, la consigliere regionale Orietta Salemi. Si metta nei panni di un elettore medio di centrosinistra, o medio tout court: come spiegargli le differenze fra te e loro? Perchè uno dovrebbe votare lei e non La Paglia o gli altri?
E’ proprio questo il punto. Mettersi nei panni dell’elettore odierno, libero dai vecchi recinti ideologici, pronto a premiare persone che presentano vere soluzioni. Serve una squadra e una leadership che possa interpretare il mondo di oggi, che sappia creare nuovi lavori, che sappia combattere il calo di natalità e il costante nostro invecchiamento, che abbia una visione internazionale dove Verona costruisca una posizione di primo livello.
D’accordo, ma le differenze? Con la La Paglia il motivo generazionale si sente meno, francamente.
Più che differenze parlerei di piani diversi: io sono l’unico che unisce il partito con pezzi di città che gli sono distanti. Sono stato l’unico consigliere comunale votato da almeno 80 elettori in ogni quartiere. Sono un piccolo imprenditore, con famiglia, e ho sempre contrastato l’amministrazione Tosi facendo opposizione costruttiva. Persino il blog dei 5 Stelle hanno parlato bene di me, chiedendosi “cosa ci fa Fermo nel Pd”?
Fa la parte dell’outsider, appunto.
Guardo avanti. Devi dare una visione diversa, non solo condannare.
E allora le chiedo: cosa butta e cosa salva dell’amministrazione Tosi, specialmente negli ultimi quattro anni?
Voglio essere molto chiaro. Ci sono distanze enormi tra la politica che vorrei per la mia città e l’amministrazione Tosi. La penso diversamente su come stanno agendo con le edificazioni di Verona Sud, la penso diversamente rispetto al piano per l’Arsenale, la penso diversamente rispetto alla centralità del mondo dell’innovazione nella nostra città, nel supporto alla cultura, nella ristrutturazione degli edifici pubblici. La penso diversamente rispetto alle persone selezionate per dirigere le società del comune. Io e Tosi abbiamo due modi di vedere il mondo totalmente diversi ma c’è una questione che bisogna avere il coraggio di affrontare. La democrazia è fatta di alternanza, io rifiuto la logica che tutto ciò che fanno gli avversari politici sia sbagliato. Dobbiamo imparare a fare un’amministrazione che migliora anno dopo anno, che sistemi le cose che non piacciono, ma che non riparta da capo tutte le volte. Che non rifiuti a priori per presa posizione tutto quello fatto da altri.
Sembra confermare quell’insistente voce, diventata poi critica aperta ad esempio da parte del suo ex capogruppo Bertucco, che dava il suo partito disponibile perfino ad allearsi con Tosi.
Non possiamo nasconderci che a livello nazionale Tosi ha staccato la spina sull’immigrazione alla Lega, ha votato favorevolmente sui diritti civili e le coppie di fatto, ha sostenuto la riforma costituzionale. Ma a livello amministrativo non c’è niente da salvare.
Però i suoi voti farebbero comodo, in un eventuale ballottaggio a Verona.
Non ha più niente a che fare col centrodestra. E comunque i suoi elettori sono liberi. Al ballottaggio devi convincere più cittadini possibile. Non è un mistero che a Verona, culturalmente, la sinistra è minoritaria: se usi quel linguaggio, perdi. Devi creare una leadership e una squadra che sappia superare le quattro tappe, che per me son primarie, primo turno, secondo turno e amministrare. L’ultima volta, sull’ultimo siamo caduti.
Come, in concreto?
Faccio un esempio: se i 5 Stelle proponessero un assessore al bilancio bravissimo sui derivati che ci stanno scoppiando in mano, io sarei disponibile. Stessa cosa se lo facesse Tosi o la Lega.
Sì, e poi chi glielo dice al suo partito?
Infatti, gli altri candidati sono di minoranza o di maggioranza, col supporto dei dirigenti. Io sono libero, e quindi agirei con le mani libere.
In cosa ha mancato, è stato poco incisivo, è stato inadeguato come opposizione il suo partito a Verona?
Domanda cattiva. Credo che il mio partito, come tutti i partiti nei giorni in cui viviamo, sconti una fatica enorme nel parlare, nel capire, nel mettersi alla stessa linea delle aspettative, dei sogni, delle speranze delle persone. Il mondo ci è cambiato sotto i piedi, i prossimi anni saranno anche peggio. I partiti però sono rimasti ancorati agli stessi sistemi organizzativi e decisionali di 40 anni fa. Questo è un freno pazzesco per essere reattivi e proattivi. A Verona manca una visione strategica condivisa come comunità e istituzioni e l’opposizione non è riuscita a raccontare l’idea di città dinamica e forte che dobbiamo immaginare e realizzare per attrarre talenti e risorse.
Intanto siamo alla prima delle tappe che diceva: si vota in maggio, le primarie del suo partito sono a fine mese. Praticamente ci saranno due mesi per la campagna elettorale. Non è poco? Non dà l’idea di un partito che arriva tardi, col fiatone, diviso, e che va alla conta interna solo perché sia Tommasi che Trevisi hanno rifiutato la proposta del partito?
Non c’è dubbio. Inutile nascondersi. Senza voler puntare il dito contro nessuno, ma non sono questi i presupposti migliori per riconquistare culturalmente e politicamente Verona. Non per nulla io mi sono candidato alle primarie all’inizio di gennaio, senza aspettare convulse riunioni interne di tattica e conteggio. Pensi che già gennaio mi sembrava tardi. Trevisi mi piaceva molto, ho già dichiarato che se avesse accettato, avrei fatto un passo indietro.
Mi dica tre punti salienti del tuo programma per Verona, se fosse lei il candidato sindaco.
Credo prioritaria un’azione su turismo, innovazione, salute. Va creata subito un’agenzia per la promozione di Verona nel mondo, privata con un bando pubblico, per gestire l’accoglienza turistica, dal pernottamento, che non può ridursi a una sola notte, ai servizi. Incredibile non avere una strategia e un’organizzazione per guidare il primo asset cittadino. L’assessore all’Innovazione deve pianificare l’evoluzione digitale di Verona, assieme ad agenzie e start-up attive in città, per attrarre talenti e creare nuove filiere economiche. Serve una piantumazione arborea massiccia attorno ad autostrade e tangenziali per assorbire polveri sottili assieme ad un piano per la riduzione del traffico che preveda filobus e incentivi contro l’uso dell’auto.
Cosa ne pensa dell’idea di “velare” l’Arena: idea utile, o è solo marketing? E come risollevare le sorti della fondazione? Le piace il progetto di Spa proposto dal trio Maccagnani-Lambertini-Manni?
L’idea mi lascia perplesso, non mi convince molto. Ma non perchè a priori sono contro. Non possiamo essere sempre contro qualcosa che non conosciamo. Ma perchè analizzando la proposta per quel poco che si è potuto sapere mi sembra una proposta piena di problemi. Ad ogni modo, il coinvolgimento di un privato è un ottimo segno per la città. E’ sempre bello quando gli imprenditori del terriotrio si impegnano a dare qualcosa indietro di quanto hanno ricevuto. Se fosse per me, ragionerei sull’intera strategia dell’arena, non sulla copertura si o no. Individuiamo cosa ci vogliamo fare per i prossimi 50 anni, ragioniamo sul contenitore Arena,  e poi capiamo se la copertura è parte o meno della strategia che vogliamo perseguire.
E del progetto di Spa? Secondo il sovrintendente Polo è impraticabile.
Lo penso anch’io. Per il semplice motivo che il circuito economico di una realtà come l’Arena è nell’indotto, ma dal punto di vista gestionale la fondazione in sè non è sostenibile per il privato. Cascherebbe il palco.
Già. Checchè un privato possa dire, nessuno regala niente a nessuno.
Ma figurati.Devi fare un bando internazionale su cui nominare il miglior sovrintendente disponibile, non l’amico di turno, e la legislazione sulle fondazioni deve prevedere chiaramente la possibilità di licenziamento dei dirigenti inadeguati. Fermo restando che, parlando di cultura, è chiaro che la fonte di finanziamento principale non può rimanere che pubblica.
Andando sul nazionale, non è un problema politico per Renzi l’inchiesta Consip che coinvolge suo padre e il suo braccio destro Lotti?
Le confesso una cosa: sono talmente immerso nell’incontrare persone, stringere mani, capire i problemi dei nostri cittadini che sto trascurando le vicende nazionali. Anche perchè è un casino tutti i giorni. Sicuramente Renzi e la cerchia delle persone che lo circondano è sotto la lente di ingrandimento. Credo che se la magistratura appurerà reati, chi sarà individuato responsabile di quei reati dovrà essere allontanato, a prescindere dal cognome che porta.
Domanda consapevolmente scontata: al congresso nazionale per chi voterà?
Sono abituato a sentire le tesi, le idee, i compagni di strada prima di prendere delle posizioni a prescindere. Credo che Renzi possa dare ancora tanto al Pd, credo che Orlando possa essere un grande segretario. Se dovessi scegliere con le informazioni che ho in questo momento la mia croce sarebbe su Renzi. Ma datemi il tempo di capire cosa proporrà e che percorso vorrà fare Orlando o altri che decideranno di candidarsi.