domenica 24 dicembre 2017

Elogio della follia

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ELOGIO DELLA FOLLIA 
di Erasmo da Rotterdam 

Si tratta di un'opera molto originale in cui, con toni ironici e nel contempo estremamente persuasivi, l'autore affronta l'insolito tema della Follia, per sostenere che essa sarebbe la vera dominatrice dell'intera civiltà ma anche dell'esistenza di ciascun uomo, sia egli un ecclesiastico o un laico, un saggio o un ignorante, un potente o un umile. 

La Follia, che viene allegoricamente rappresentata come una dea in vesti di donna, sarebbe infatti all'origine di ogni bene sia per l'umanità, sia per gli stessi dèi che riceverebbero al pari dei mortali i suoi doni: "io, io sola sono a tutti prodiga di tutto". 

Ciò vale in primo luogo per il dono della vita, considerato che nel momento in cui sia l'uomo che il dio si dedicano alla procreazione debbono necessariamente "abbandonarsi un poco a qualche leggerezza e follia". 
Nessuno genera o è stato generato se non grazie all' "ebbrezza gioiosa" della Follia. E perché un'esistenza sia felice è indispensabile che in essa trovi spazio il piacere, e cioè ancora una volta "un pizzico di follia". 

Ma anche nell'ambito dei rapporti umani, dal matrimonio all'amicizia, è merito della Follia se i vincoli personali resistono felicemente, appunto "nutrendosi di adulazioni, scherzi, di indulgenza, di errori, di dissimulazioni". 
Ugualmente la tenuta dei rapporti sociali, e quindi l'esistenza stessa della società, dipendono dall'ausilio della Follia. 
Ma più di tutto la Follia rappresenta l'unica guida per accedere alla vera sapienza: poiché infatti tutte le passioni, tutti gli umani errori e tutte le umane debolezze, rientrano nella sfera della Follia, saggio è colui che si lascia guidare dalle passioni. 
Precisa l'autore che questi elementi emotivi "non solo assolvono la funzione di guide per chi si affretta verso il porto della sapienza, ma nell'esercizio della virtù vengono sempre in aiuto spronando e stimolando, come forze che esortano al bene". 
Di conseguenza non può considerarsi saggio invece colui che si fa guidare soltanto dalla ragione, essendo simile ad uno spettro mostruoso "un uomo così fatto, sordo ad ogni naturale richiamo, incapace di amore e di pietà"..."un uomo cui non sfugge nulla, che non sbaglia mai, che tutto vede, tutto pesa con assoluta precisione, nulla perdona; solo di sé contento...lui solo tutto; senza amici, pronto a mandare all'inferno gli stessi dèi, e che condanna come insensato e risibile tutto ciò che si fa nella vita". 

E' preferibile quindi l'uomo qualunque, "uno della folla dei pazzi più segnalati che, pazzo com'è, possa comandare o obbedire ad altri pazzi, attirando a sé la simpatia dei suoi simili...; uno con cui si possa convivere, che infine non ritenga estraneo a sé niente di ciò che è umano". 

Ritengo che la concezione della follia espressa da Erasmo da Rotterdam da una parte giunge a sminuire eccessivamente il ruolo e l'importanza che deve essere riconosciuta anche alla razionalità nell'ambito dell'esistenza umana, e dall'altra sembra differenziarsi sostanzialmente rispetto alle più moderne teorie sul tema della pazzia, rappresentata in termini decisamente meno positivi, come una via di fuga dalla realtà (si pensi a Pirandello), oppure come un'emarginazione dalla società. A quest'ultimo proposito Cechov, nell'opera "La corsia n.6", affronta il tema della pazzia anche dal punto di vista scientifico (era laureato in medicina) per dimostrare come essa rappresenti il più delle volte una scelta del singolo di estraniarsi dal mondo, ma talvolta - in determinate realtà storiche- un modo per eliminare dalla società chi non rispetta le regole e le convenzioni predominanti nella società. Il protagonista, un medico psichiatra che si occupa dei malati rinchiusi in un manicomio, finirà infatti lui stesso rinchiuso in quel manicomio per aver cercato di riconoscere dignità umana ai ricoverati.

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